MILANO – Sono 7 le tipologie di inquinamento: atmosferico, idrico, del suolo, acustico, termico, luminoso ed elettromagnetico. Ogni anno che passa assume sempre più importanza l’inquinamento elettromagnetico: scopriamo la sua definizione e cosa prevede la normativa in Italia.
Inquinamento elettromagnetico: la definizione
Lo sviluppo dei sistemi di telecomunicazione, la diffusa urbanizzazione e l’intensificazione della rete elettrica hanno aumentato l’importanza dei campi elettromagnetici. L’inquinamento elettromagnetico è collegato alla generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali. I dispositivi che producono campi elettromagnetici sono: radio, tv, pc, cellulari, apparati biomedicali, impianti per lavorazioni industriali ed elettrodomestici.
I campi elettromagnetici possono essere di due tipologie differenti: a bassa frequenza (0-10 kHz), nel quale rientrano elettrodi che generano campi elettromagnetici da 50 Hz o a alta frequenza (10 kHz – 300 GHz), nel quale rientrano impianti TV, radio e di telefonia mobile. Attualmente è in costituzione un registro catastale nazionale e regionale delle sorgenti che emettono un campo elettromagnetico, come previsto dalla legge quadro n. 36/2001, per supportare le attività di controllo, di informazione della cittadinanza e le attività di pianificazione.
La normativa in Italia
Per evitare l’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, e quindi al cosiddetto “elettrosmog”, è stata realizzata in Italia la legge n. 36/2001. La normativa ha essenzialmente tre obiettivi:
- Assicurare la sicurezza della popolazione dagli effetti dell’esposizioni a determinati livelli di campi elettrici;
- Promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine;
- Assicurare la tutela ambientale, promuovendo allo stesso tempo l’innovazione, minimizzando gli effetti dei campi elettrici.
Dopo due decenni, l’Italia ha incrementato nel 2023 nel Ddl Concorrenza i limiti di emissione elettromagnetica dai 6 V/m (limite stabilito nel 2003) a 15 V/m, nonostante gli operatori del settore abbiano chiesto frequentemente la modifica di questi parametri. Si specifica però che il nuovo limite resta comunque quattro volte inferiore di quanto prevedono i limiti europei. L’innalzamente di questi limiti è molto importante perché è un parametro decisivo nella progettazione di nuove reti. L’Italia è rimasta indietro rispetto ad altri paesi europei. Infatti, secondo uno studio del politecnico di Milano, in Italia il 62% dei siti esistenti non è in grado di supportare il rollout delle reti di accesso 5G.
Di Stefano Morretta