Cosa significa essere vegani secondo Annalisa Chessa

Cosa significa essere vegani secondo Annalisa Chessa

Intervista alla content creator che si occupa di cucina vegetale e stili di vita sostenibili

MILANO – Essere vegani non vuol dire rinunciare alla tradizione e alla propria cultura culinaria, ma evolvere la tradizione in una direzione nuova, senza per questo perderne le radici. E’ questa la definizione di vegani secondo Annalisa Chessa, la content creator digitale che si occupa di cucina vegetale e stili di vita sostenibili. Annalisa è originaria dalla Sardegna, ma la sua cara Bologna la ospita ormai da tanti anni.

Nel 2016 ha preso una delle decisioni più importanti della sua vita: diventare vegana. Ha scelto di cambiare le sue abitudini alimentari e il suo stile di vita. 

Nel 2020, in pieno lockdown, ha deciso di aprire un canale YouTube e un profilo Instagram, LittleVeganWitch, che rappresenta un po’ il suo alterego stregonesco nato per raccontare una visione della cucina vegetale dello stile di vita vegano molto diverso rispetto a quello che gli altri si aspettano. 

Nel 2023 ha pubblicato un libro, Cucina vegetale che spacca, in cui parla proprio di questo, di quei piatti della tradizione che fanno la nostra storia, ma in una chiave nuova e... vegetale. L’abbiamo intervistata.

 

Ciao Annalisa, parlaci un po’ di te e del tuo percorso. Com’è nata la tua passione per la cucina vegetale? Cosa ti ha spinto ad approcciarti alla dieta vegana?

Io sono diventata vegana nel 2016 e soltanto dopo mi sono appassionata alla cucina vegetale. Sono diventata vegana per questioni etiche e ambientali, guardando le varie inchieste fatte da diverse associazioni che lavoravano sotto copertura negli allevamenti intensivi. Mi sono resa conto che il sistema alimentare era totalmente fuori controllo, sia a livello di diritti animali e umani (dei lavoratori), sia a livello sanitario. Mi sono appassionata alla cucina vegetale per un’esigenza, perché, al tempo, non trovando più prodotti al supermercato (oggi se ne trovano di più), ho cominciato a replicare i miei cibi preferiti in chiave vegetale, cominciando dal ragù vegetale di soia. 

Ho scoperto quindi un mondo, e ho scoperto che la cucina vegetale non significa togliere e rinunciare, ma arricchire, sia a livello culinario che culturalmente parlando. Allo stesso tempo ho cercato un modo di comunicare questo stile di vita a un pubblico più ampio, e con la pandemia e il lockdown è arrivato il momento giusto. Per gioco ho creato un primo video dove riproducevo il ragù vegetale, e poi ho continuato attraverso Instagram e Tiktok: le pagine hanno cominciato a crescere e a raggiungere la community che cercavo. 

 

Si sente spesso parlare di dieta vegana e cucina vegetale e si tende a confonderli. Ma qual è la differenza e qual è il consiglio che daresti a chi si vuole approcciare a una cucina a base vegetale? 

Intanto quando si parla di alimentazione vegetale non si parla di una dieta, ma di un modo di nutrirsi che esclude il più possibile tutti i derivati animali. Perché avvicinarsi a un’alimentazione vegetale? Perché la scienza oggi ci dice che esistono azioni umane che impattano più di altre, e tra le più impattanti vi è la zootecnia. 

Ecco che il primo consiglio che voglio dare a chi mi legge e a chi mi segue è: se anche non avete mai pensato di diventare vegani, è bene iniziare a pensare all’alimentazione vegetale come una cosa positiva verso sé stessi. Abbiamo un solo pianeta e già moltissimi migranti climatici, e noi stessi delle fasce temperate, tra pochi anni, saremo soggetti a questo tipo di situazione. Secondo: la questione etica.

Noi siamo completamente discostati dalla realtà, dalla natura e dagli animali che ne fanno parte, e ci crediamo al di sopra di tutto, ma non lo siamo: dobbiamo capire che la natura non ha infinite risorse e che tutti gli animali senzienti devono coesistere. Infine, la questione legata alla salute: ricordiamoci che l’OMS ha inserito tra i possibili alimenti cancerogeni alimenti che da noi sono considerati come delle eccellenze (salumi, affettati, carni rosse), e ricordiamoci che la scienza dice che un’alimentazione sana prevede, alla base e in quasi tutta la sua totalità, alimenti di origine vegetale (cereali, legumi, frutta e frutta secca, semioleosi e ortaggi). 

 

L’anno scorso è uscito il tuo libro: com’è nata l’idea e di cosa si tratta? A chi ti vuoi rivolgere e qual è il tuo obiettivo? 

L’intento del mio libro non è solo quello di essere un libro di ricette ma qualcosa che faccia riflettere anche sul perché abbracciare un’alimentazione vegetale. Il focus del libro è improntato sul potere evocativo del cibo, perché per noi, soprattutto per noi italiani, è importantissima la tradizione, perché la tradizione ci lega, e ci lega a determinati momenti, persone e ricordi. Per noi cucinare è un gesto di amore, e quindi si pensa che perdendo la tradizione si perda tutta un parte importante della nostra vita. 

Io in realtà ho voluto sfatare questo mito della tradizione, perché abbracciare l’alimentazione vegetale non vuol dire rinunciare alla tradizione, ma semplicemente evolverla. Quindi ho rivisitato tutti i piatti della tradizione italiana in versione vegetale, e ho dedicato anche una piccola parte a ricette di altre nazioni.

 

C’è una ricetta che ami particolarmente? Se sì, quale e perché?

Una ricetta che consiglio è una ricetta che si trova anche sul libro, ed è una ricetta di mare. Si è sfatata ormai la questione che sia difficile replicare i piatti di carne, mentre è più difficile fare una rivisitazione di un piatto a base di pesce. Allora una combo perfetta tra le due cose è il vitello tonnato in versione vegetale. E’ una ricetta che si può trovare sul libro ma anche sui miei canali social e vi invito a provarla. 

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