Omar Di Felice e i benefici legati al ciclismo per la salute per l’ambiente

Omar Di Felice e i benefici legati al ciclismo per la salute per l’ambiente

L'atleta e avventuriero racconta le sue sfide sostenibili e spiega i vantaggi di questa pratica sportiva che unisce passione e rispetto per l’ambiente.

MILANO – Omar Di Felice è un pioniere del ciclismo “estremo”, praticando questa impegnativa disciplina sportiva in ambienti naturali tra i più ostili al mondo. La sua passione per l'avventura e l’esplorazione delle terre più remote nasce dalla sua voglia di mettersi alla prova e dalla profonda connessione con la natura.

Nel corso della sua carriera, ha completato traversate straordinarie in zone come l'Artico e l'Himalaya, affrontando condizioni climatiche estreme per sensibilizzare l'opinione pubblica sui cambiamenti climatici. Oltre alle sue imprese, Omar Di Felice è impegnato nella promozione di uno stile di vita sostenibile e del rispetto per l'ambiente, scegliendo materiali ecologici e un approccio zero emissioni.

Ha scritto libri e partecipato a documentari, in cui racconta le sue imprese e spiega i benefici del ciclismo come stile di vita sano e in armonia con il pianeta.

 

Raccontaci un po’ di te, quando e come è nata la tua passione per il ciclismo e l'avventura. C'è un momento o un'esperienza specifica che ti ha fatto capire che questo sarebbe stato il tuo percorso di vita?

Io ho iniziato molto giovane con il ciclismo tradizionale. Mi sono innamorato del ciclismo a 13 anni, nel 1993/94 guardando le imprese di Marco Pantani in televisione, come molti ragazzi e bambini dell’epoca. Da lì ho iniziato questo percorso che mi ha portato a vivere la bicicletta prima come ciclista tradizionale, con un anno nel professionismo standard, e poi da lì ho iniziato veramente ad allungare le distanze e mi sono spostato su quello che è l’ultra cycling, quindi il ciclismo estremo, ciclismo di ultra-distanza e ciclismo di avventura. Il viaggio che mi ha lanciato in questa direzione fu una lunghissima traversata che feci da Lourdes a Santiago de Compostela in solo quattro giorni, pedalando circa 300/400 km al giorno. Questo è stato il viaggio che mi ha fatto capire che le ultra-distanze erano la mia cifra stilistica.

 

Il tuo ultimo progetto ha portato il ciclismo in luoghi estremi e affascinanti. Quali sono stati i suoi obiettivi principali e come speri che ispiri chi ti segue?

Il mio ultimo progetto in Antartide mi ha tenuto impegnato quasi 50 giorni nel luogo più remoto del pianeta. L’obiettivo principale ovviamente era cercare di mostrare di poter fare una delle distanze più lunghe mai percorse. Durante la spedizione avrei dovuto raggiungere il Polo Sud, ma ahimè non ci sono riuscito, mi sono fermato dopo 716km, e ne mancavano circa 400 all’arrivo al Polo. Nonostante ciò, sono riuscito a scrivere quella che è stata la seconda distanza in bicicletta mai percorsa in Antartide da un ciclista solitario. Ho quindi raggiunto quelli che erano parte dei miei obiettivi e in generale l’obiettivo fondamentale, che era quello di vivere un’esperienza che non ha eguali in nessun altro luogo nel mondo perché, comunque, l’Antartide è il luogo più estremo ed isolato del mondo

Più che ispirare con il mio esempio, spero di motivare le persone a prendere la bicicletta e ad inseguire questi sogni apparentemente irrealizzabili ma che poi in realtà con il lavoro, l’allenamento e la dedizione si possono raggiungere

Un altro obiettivo che mi pongo è quello di cercare di aumentare la sicurezza sulle strade con il mio lavoro di divulgazione e sensibilizzazione, cercando di spingere le persone da un lato ad avere maggior rispetto quando si trovano di fronte a un ciclista e dall’altro a essere loro stessi a utilizzare la bicicletta per gli spostamenti quotidiani.

 

L’attenzione alla sostenibilità è sempre più presente negli sport outdoor. Come pensi che i ciclisti e gli atleti in generale possano contribuire alla salvaguardia dell’ambiente?

Sicuramente, il primo passo è dare l'esempio. Praticare uno sport outdoor è già un modo per far comprendere alle persone la bellezza dell'ambiente che ci circonda. Amando ciò che ci è stato donato fin dalla nascita, come la nostra seconda casa, il pianeta Terra, diventa naturale sviluppare un maggiore rispetto verso di esso. Inoltre, non dimentichiamo che lo sport in sé è complesso perché a sua volta è un settore che tende ad avere delle emissioni; ci sono sport che sono molto impattanti e si sta cercando tutti quanti di lavorare per ridurre le emissioni anche in ambito sportivo. Ad esempio, penso all’industria dell’abbigliamento sportivo, alle industrie che producono i vari componenti che si utilizzano per fare sport o all’organizzazione di grandi o piccoli eventi. 

È un percorso che va fatto e che dobbiamo cercare di portare avanti tutti insieme. Sicuramente non si può più girare la testa dall’altra parte ed è fondamentale che tutti quanti facciamo la nostra parte. Io con il progetto che ho lanciato Bike to 1.5°C voglio cercare di ampliare l’aspetto più divulgativo attraverso una serie di eventi, di impegni e di attività che svolgo in collaborazione con il comitato scientifico e con delle associazioni per cercare proprio di aumentare questa consapevolezza e di farlo soprattutto tra i giovani, che sono i custodi di quello che saranno le sorti della vita dell’essere umano nei prossimi anni.

 

Quale consiglio daresti ai nostri lettori per condurre uno stile di vita più sostenibile?

Credo che la cosa che possiamo fare è chiedersi una volta di più se ciò che abbiamo ci serve veramente. Vale per qualunque cosa cercare di ridurre: vale per i consumi che noi facciamo quando entriamo al supermercato e decidiamo di riempire il carrello della spesa, vale per quando decidiamo di spostarci in automobile anziché fare una passeggiata, vale per l’abbigliamento, vale per i capi che compriamo e accumuliamo. Secondo me, prima di compiere qualsiasi azione dobbiamo domandarci se quell’azione è veramente necessaria, e se è veramente necessaria, cercare poi di farla nel pieno rispetto dell’ambiente. Inoltre, è anche importante cercare di esserepiù gentili nei confronti delle risorse che dobbiamo utilizzare, penso per esempio all’acqua di cui ovviamente non possiamo farne a meno ma dobbiamo cercare di non sprecarla e di farne un uso più consapevole.

 

Di Martina Invernizzi

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