MILANO – “L’innovazione inizia con l’introspezione” così ha affermato David Walmsley, Chief Digital and Technology Officer di Pandora. Tra le aspettative dei consumatori verso le aziende ci sono ormai due qualità, digitalizzazione e sostenibilità e, per rispondere a queste esigenze gli imprenditori devono, sono Walmsley, capire prima di tutto cosa genera valore all’interno dell’impresa. Questo approccio ha permesso a Pandora di diventare, da una piccola gioielleria in Danimarca, uno dei brand più amati in tutto il mondo e il suo cammino verso la sostenibilità è solo all’inizio.
Pandora: le sue carte vincenti
I tratti distintivi di Pandora sono la convenienza dei prodotti (rispetto a competitor di fascia più alta), il design unico (vanta spesso collaborazioni con aziende e artisti famosi) e la comunità di brand-lovers che si è creata attorno. La combinazione di tecnologia e creatività, però, lascia anche spazio all’attenzione per il green ed è di quest’anno l’uscita della prima collezione Pandora che vanta diamanti creati in laboratorio in Stati Uniti e Canada e oro e argento riciclati al 100%. Come riporta MarketScreener, in un mercato globale dei gioielli con diamanti stimato a 84 miliardi di dollari, questa innovazione Pandora segna una pietra miliare. Se le previsioni dicono che il mercato spingerà sempre più verso il green e il riciclo di materiali, i diamanti creati artificialmente saranno l’aternativa più richiesta in futuro dai consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità della filiera dei prodotti che acquistano.
Diamanti Pandora creati in laboratorio: le caratteristiche
Le caratteristiche ottiche, chimiche termiche e fisiche sono identiche. Diamanti naturali e creati in laboratorio non sembrano avere differenze strutturali e sono classificati entrambi in base agli standard noti come le 4C – taglio, colore, purezza e caratura. I diamanti creati in laboratori Pandora sono coltivati con la tecnologia della deposizione chimica da vapore (CVD), che dà origine a un diamante grezzo, questo viene poi tagliato e lucidato utilizzando il 100% di energia rinnovabile e ciò produce un’impronta di carbonio di soli 8,17 kg di CO2e per carato, pari al 5% di quella di un diamante estratto. A parità di qualità, quindi, il livello di emissioni cala drasticamente e ciò spiana la strada a un futuro della gioielleria a basso impatto ambientale. Parlando di numeri, se tutti i diamanti fossero di origine sintetica come quelli della nuova collezione Pandora, si risparmierebbero più di 6 milioni di tonnellate di CO2e all'anno – una cifra simile alla sostituzione di tutte le auto di New York City con veicoli elettrici.
Diamons by Pandora: la nuova collezione green
Con diamanti sintetici creati in laboratorio e argento e oro riciclati al 100%, Diamons by Pandora è la prima collezione del brand eco-friendly composta da 9 braccialetti, 19 anelli, 11 orecchini e 15 collane, tutti con protagonista i diamanti sintetici. Le emissioni di gas serra del prodotto di punta della collezione – un anello d'argento con un diamante creato in laboratorio da 0,15 carati (300 dollari) – ammontano a 2,7 kg di CO2e, pari alle emissioni medie di una comune t-shirt.
Come riporta Euronews, l’ambizione dell’azienda è dimezzare le emissioni di gas serra nelle operazioni end-to-end entro il 2030 e questa nuova collezione rappresenta una svolta significativa per Pandora, che si è impegnata a realizzare tutti i suoi gioielli con argento e oro riciclati entro il 2025. Secondo il World Gold Council, al momento l’uso di oro riciclato è il 28% del totale del metallo usato nel 2020. Il 90% dell’oro riciclato proviene da gioielli usati e il resto da rifiuti elettronici come cellulari e pc. Se le scelte di grandi produttori come Pandora continueranno ad andare in questa direzione, la percentuale di metalli riciclati e pietre sintetiche ha buona possibilità di crescere in maniera consistente nel giro di poco tempo.
Evelyn Novello