Cosa dice il Paris Agreement e a che punto siamo

Cosa dice il Paris Agreement e a che punto siamo

Un successo di diplomazia che contiene molte incertezze, l’Accordo sul clima di Parigi del 2015 continua a essere la base da cui partire per sconfiggere il cambiamento climatico

MILANO – Tutti gli Stati membri dell’UE, e non solo, hanno firmato nel dicembre 2015 l’Accordo di Parigi sul clima. Il raggiungimento di questa intesa è stato un innegabile successo diplomatico e ha gettato le basi per una comune azione globale contro il cambiamento climatico ma ha trascurato alcuni dettagli che non hanno permesso il pieno raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Cos’è l’Accordo di Parigi sul clima

L’Accordo sul clima di Parigi è il documento sottoscritto dai 195 Paesi che hanno partecipato alla Ventunesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Conference of Parties, la riunioni annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici). 

Come riporta il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, esso tratta il tema della “gestione sostenibile delle risorse naturali” (art. 7) e di tecnologie (sostenibili) in grado "di migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di gas ad effetto serra"”. Il testo rappresenta un’ideale prosecuzione del cammino intrapreso dalla comunità internazionale con il Protocollo di Kyoto, redatto nel dicembre del 1997 nell’omonima città giapponese al termine della Cop 3 e ratificato da 192 nazioni.

L'accordo di Parigi è entrato in vigore il 4 novembre 2016, con l'adempimento della condizione della ratifica da parte di almeno 55 paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali di gas a effetto serra. Tutti i paesi dell'UE hanno ratificato l'accordo.

L’obiettivo

L’Accordo di Parigi ha come obiettivo principale quello di adottare un piano d’azione per limitare il riscaldamento globale. Per arrivare a tale traguardo, i governi si mpegnano a mantenere al di sotto dei 2 gradi centigradi la crescita della temperatura media globale sulla superficie delle terre emerse e degli oceani, limitandola a 1,5°C. In questo modo, è possibile mantenere il riscaldamento globale entro livelli sicuri.

L'obiettivo di lungo periodo dell'accordo di Parigi è quello di rafforzare la risposta mondiale alla minaccia posta dai cambiamenti climatici, nel contesto dello sviluppo sostenibile e degli sforzi volti a eliminare la povertà, e tenendo conto del principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità, alla luce delle diverse circostanze nazionali. 

Per raggiungere gli obiettivi prefissati, i governi hanno convenuto di comunicare ogni cinque anni i rispettivi piani d'azione, ciascuno dei quali fissa obiettivi più ambiziosi.

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Cosa prevede l'accordo di Parigi

Stabilito l’obiettivo generale del non superare i 2 gradi centigradi, si è discusso dei mezzi che i Paesi firmatari avrebbero dovuto mettere concretamente in atto. Come spiega Lifegate, imporre griglie e regole comuni a tutti avrebbe rischiato di far saltare i negoziati prim’ancora che essi cominciassero e quindi si lasciò di fatto “carta bianca” a ciascun governo, che, prima della conferenza, depositò un documento contenende i cosiddetti “Indc”, Intended Nationally Determined Contributions, ovvero la serie di impegni che si prefiggeva.

Com’era immaginabile, ogni partecipante agì in modo del tutto autonomo e gli impegni presi non avrebbero permesso di scendere al di sotto dei +2,7 gradi secondo quanto dichiarato dal Governo Francese. Per questo, le associazioni ambientaliste insistettero molto affinché fosse inserito nel testo il concetto di “decarbonizzazione” (che non è presente per via del veto imposto da Arabia Saudita e India) e che fosse imposta una revisione migliorativa degli Indc al più presto.

Accordo di Parigi: a che punto siamo oggi

Come spiegato su Wired, “la finestra di opportunità per garantire un futuro vivibile e sostenibile per tutti si sta rapidamente chiudendo” in quanto non tutte le nazioni firmatarie dell’accordo viaggiano alla stessa velocità per raggiungere gli obiettivi prefissati, nonostante gli impegni finanziari e aiuti ai paesi in via di sviluppo erogati per investire su energie pulite e per i danni dovuti ad eventi meteo estremi.

Per riportare un esempio, nel 2021 l'Unione europea e i suoi 27 Stati membri avevano impegnato 23,04 miliardi di EUR in finanziamenti per il clima da fonti pubbliche per aiutare i paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e ad adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici.

Nella Cop28 del 2024, per la prima volta in una Conferenza delle Parti, si è dichiarato che tutti i combustili fossili sono responsabili del cambiamento climatico. L’accordo però non è vincolante e lascia molto discrezionalità ai Paesi firmatari di puntare su soluzioni riguardanti la cattura dell’anidride carbonica e l’utilizzo del gas naturale, considerato ancora un combustile di “transizione”.

La problematica relativa all’uso dei combustibili fossili  saranno oggetto di discussione della prossima Conferenza delle Parti, che si svolgerà in Azerbaigian, un altro Paese petrolifero.

di Salvatore Galeone