TWENTE (OLANDA) - Quanta acqua serve per produrre una scatola di cereali? Un progetto pilota svela la "water footprint", ovvero l’impronta idrica lasciata dall’uomo per la produzione dei cereali Bitesize Shredded Wheat. Lo studio, dal nome “Water Footprint of Nestlé’s ‘Bitesize Shredded Wheat” nasce nel contesto di un meeting del Water Footprint Working group (WFWG), un’associazione costituitasi nel 2007 per sviluppare e diffondere il concetto di impronta idrica.
L’IMPRONTA IDRICA - L’Arpa, ovvero l’Agenzia Regionale per la protezione dell’ambiente, definisce l’impronta idrica di un prodotto come la somma dei volumi di acqua dolce impiegati in tutto il ciclo di vita del prodotto stesso. La water footprint corrisponde alla somma di tre componenti: consumo di “acqua blu” (acqua di superficie o di falda che evapora durante il processo produttivo e che quindi non può essere più riutilizzata), consumo di “acqua verde” (acqua piovana incorporata nel terreno o evaporata durante il processo di crescita delle colture) e consumo di “acqua grigia” (acqua necessaria per purificare dagli agenti inquinanti il sistema idrico durante il processo di produzione). Ad incidere sul ciclo idrogeologico non è solo il water footprint totale, ma la diversa percentuale di impronte idriche parziali, cosicché due prodotti con una stessa impronta idrica totale avranno diversi impatti sull’ambiente: più sostenibile quello con una maggiore green footprint, più invasivo sugli equilibri dell’ecosistema quello con una maggiore blue footprint. La comparazione, nel calcolo dell’impronta idrica di un prodotto, viene condotta considerando sia i prodotti alternativi sia i prodotti realizzati in zone con differenti caratteristiche geoclimatiche.
L’INDAGINE - quella realizzata da Nestlé e WWF è un’indagine pilota sull’utilizzo dell’acqua nell’intero ciclo di vita dei cereali da colazione Bitesize Shredded Wheat, commissionata dalla Nestlé, in collaborazione con il WWF, agli studiosi dell’Università di Twente, veri pionieri nell’elaborazione di standard per la valutazione dell’impronta idrica. La metodologia adottata dagli studiosi copre tutti i passaggi del ciclo di vita del prodotto, dalla fornitura di grano al consumo del prodotto finito e allo smaltimento delle confezioni. Lo studio sarà replicato su tutti i prodotti Nestlé Shredded Wheat, al fine di sviluppare una migliore valutazione dell’impatto ambientale durante la produzione dei cereali per la prima colazione più amati dagli inglesi.
I RISULTATI – L’indagine condotta da Nestlé ha calcolato che per produrre un pacchetto di cereali da 750 mg di Bitesize Shredded Wheat sono necessari 274 litri di acqua (dieci volte in meno dell’acqua che secondo il WWF Italia serve a produrre un hamburger), di cui 226 litri di “acqua verde”, 47 di “acqua grigia” e 1 litro di “acqua blu”. Un tipica colazione composta da una razione di 43 gr di cereali e 125 gr di latte parzialmente scremato, avrebbe invece una impronta idrica di 106 litri di acqua, di cui appena 16 derivati dal consumo di cereali e 90 dal consumo di latte. Commentando quest’ottimo risultato, gli studiosi della Twente University sottolineano l’importanza di ridurre ulteriormente i consumi di acqua blu e grigia, in previsione di un aumento della popolazione e conseguentemente del consumo di acqua blu del 20-30% nelle aree di coltivazione della varietà di frumento Bitesize Shredded.
IL VALORE - Uno studio commissionato dall’associazione inglese Christian Aid, dal titolo “Human tide, the real migration crisis" (Marea umana, la vera crisi della migrazione), annuncia il futuro prossimo del pianeta per effetto del riscaldamento globale, dell’utilizzo sempre più intensivo dell’acqua e dell’inquinamento: nel 2080 circa un terzo della popolazione terrestre non disporrà della quantità necessaria di acqua per vivere correttamente. Lo sviluppo del commercio internazionale degli ultimi decenni ha visto “prosciugare” importanti risorse idriche, sfruttate in tutte le fasi di produzione e di trasporto di un qualsiasi prodotto, alimentare e non. L’irrigazione delle culture è, come riportato nel WWF report 2011 sull’impronta idrica, uno dei più usuranti tra gli step di produzione, poiché utilizza il 70-80% di tutta l’acqua dolce destinata al consumo umano (pari al 54% dell’acqua dolce accessibile totale). L’utilizzo intensivo di acqua ha oggi raggiunto livelli allarmanti, tanto da sensibilizzare le maggiori imprese mondiali, tra cui Nestlé, a rispondere alla sfida della scarsità d’acqua dolce a livello mondiale facendo un uso più sostenibile della risorsa acqua. Nestlé, da anni impegnata nel ridurre il consumo di acqua nelle proprie operazioni, è membro del Water Footprint Network, organizzazione nata nel 2009 con l’obiettivo di collegare in modo strutturale privati, enti pubblici non governativi, sviluppatori di strumenti e standard per il water management, governi e Nazioni Unite.
9 marzo 2012