MILANO – Anche da autodidatti e anche senza background accademici si può legittimamente aspirare a diventare artisti. E’ la storia di Malini Shetti, una casalinga indiana che si è ispirata al mantra “riciclare, riutilizzare e ridurre” per immergersi nella “bottle art”, ovvero la realizzazione di opere d’arte con bottiglie di plastica. E i risultati sono sorprendenti, specie se pensiamo al fatto che la sua storia ha avuto un tale successo a livello mediatico da trasformarla in una vera e propria star.
Vocazione artistica
Folgorante per Malini è stata la scoperta sul web delle fotografie di altri artisti di “bottle art”, da cui ha tratto ispirazione nel riuso di tanti rifiuti domestici come, appunto, bottiglie di plastica e tessuti. “Dall’idea al prodotto finale – ha spiegato – lavorando una bottiglia possono passare dalle 6 alle 8 ore.” I suoi disegni riproducono per lo più la natura in tutte le sue forme e ogni bottiglia viene poi abbellita con perline o pezzi di stoffa.
L’arte di Malini
Ogni bottiglia viene accuratamente lavata e pulita dalle etichette. Dopo di che, in base alla forma e alla dimensione, viene ideato il design dell’opera: se la bottiglia è slanciata Malini opta per tessuti o carta velina, se invece la bottiglia è piccola viene lavorata con piccoli fiori di ceramica. Non solo, una variante è anche il colore della bottiglia stessa: se infatti è verde o azzurra ben si presta a soggetti naturali come foglie e fiori o mare e nuvole. Ma alla base di tutto occorre avere un’idea chiara di quello che si vuol fare, dal momento che poi non c’è modo di rimediare se si sbaglia il disegno. “Anche se i motivi che realizzo sono comuni – ha affermato Malini – quello che rende unica ogni bottiglia è la creatività personale. Non c’è motivo per scimmiottare i disegni degli altri, bisogna saper raccontare le proprie storie per essere unici”. E il suo successo, in effetti, non può che darle ragione.
di Alessandro Conte
14 marzo 2017