Certificazioni di sostenibilità, tra greenwashing e Direttive UE

Certificazioni di sostenibilità, tra greenwashing e Direttive UE

Per un’azienda essere green e avere una documentazione che l’attesti è indispensabile. Tuttavia, la validità delle certificazioni è spesso messa in discussione

MILANO - Rapporti di impatto ambientale, bilanci di sostenibilità, certificati verdi, etichette ecologiche: tutti termini oggi comuni, ricorrenti, fondamentali. Fondamentali per qualsiasi tipo di azienda o organizzazione che voglia restare competitiva sul mercato, in un contesto globalizzato in cui non impegnarsi per il Pianeta, a livello sociale e ambientale, è - fortunatamente - un lusso che nessuno può più permettersi. Perché? Perché la sensibilità è cambiata, perché c'è più consapevolezza. 

È in questo contesto che si parla di certificazioni di sostenibilità: una testimonianza dell'impegno delle aziende nel prevenire il proprio impatto ambientale e nel migliorare quello sociale. Ma in realtà, quanto sono efficaci? Chi è incaricato di rilasciarle? E soprattutto, chi controlla i controllori?

Il fine ultimo è quello di contrastare il fenomeno del greenwashing, la pratica per cui un’azienda cerca di proteggere la propria immagine e reputazione davanti agli occhi degli stakeholders dichiarando il falso sulle pratiche sostenibili implementate.

Certificazioni di sostenibilità: sono davvero efficaci?

Si è parlato molto in questi giorni dell’inchiesta giornalistica Deforestation Inc., guidata dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, in collaborazione anche con L’Espresso e IrpiMedia. Ciò che è emerso di preoccupante è stato l’aver individuato 48 società di certificazioni che hanno rilasciato certificati di sostenibilità ad aziende già accusate di illeciti in questo ambito.

L’indagine è risultata cruciale nel riaprire il dibattito sull’efficacia delle certificazioni verdi, mettendo l’accento soprattutto sui limiti di queste ultime. Se l’obiettivo di chi le crea può apparire nobile, spesso e volentieri oggi risulta meno affidabile l’intenzione di chi, volontariamente, decide di adottarle. Oggi le certificazioni sono fondamentali per poter apparire e agire sul mercato, per meglio pubblicizzare i propri prodotti e servizi.

Come riporta L’Espresso, il mercato delle certificazioni ambientali vale 10 miliardi di euro l’anno e presenta principalmente due problemi: sono le stesse aziende private a pagare e scegliere da chi essere controllate, così come di rado le società di certificazioni sono chiamate in causa per rispondere delle proprie responsabilità.

La Direttiva UE sul greenwashing in arrivo nel 2023 

Cosa sta facendo l'Unione Europea per affrontare il problema del greenwashing? Il 28 novembre, il Consiglio europeo ha approvato la Corporate Sustainability Reporting Directive, una nuova norma che sarà implementata a partire dal 2023 e che chiederà gradualmente alle aziende di pubblicare dati e informazioni sull'impatto del loro modello di business sull'ambiente e sulle persone. Il contenuto di queste pubblicazioni toccherà quindi temi legati alla sostenibilità, dalla protezione dell'ambiente alla tutela dei diritti umani.

L'obiettivo finale della Direttiva è quello di garantire una maggiore conformità in materia di ESG, agendo soprattutto sul concetto di trasparenza, revisione indipendente e divulgazione obbligatoria. Gli investitori avranno così accesso digitale ai report di sostenibilità certificati e revisionati in modo autonomo, per evitare la diffusione di dati falsi - la Commissione ha stimato che oltre il 50% delle dichiarazioni sulla sostenibilità sono false - e i fenomeni di greenwashing.

Di Elena Parodi

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