Come rendere la produzione di avocado più sostenibile

Come rendere la produzione di avocado più sostenibile

L’avocado è un alimento di tendenza, ma la sua produzione nasconde numerose criticità ambientali e sociali: cosa cambiare per la tutela dell’ambiente.

MILANO – Negli ultimi anni è diventato un alimento di tendenza, negli Stati Uniti ed in Europa. Apprezzato all’interno di ricette elaborate, l’avocado è richiestissimo anche in Italia, tanto che ormai è diventato un acquisto abituale e consolidato quando si fa la spesa. Grazie al suo sapore delicato, è un ingrediente molto versatile e viene spesso usato in piatti di tendenza che finiscono sui social network. Ma qual è il prezzo ambientale per la sua produzione?

Il Messico, il maggior produttore di avocado

Partiamo dalle origini. Il maggior produttore di questo frutto è il Messico, seguito poi da Colombia, Perù, Indonesia, Repubblica Dominicana, Kenya, Brasile, Haiti, Vietnam e Cile. Tuttavia, i consumatori più fedeli di questo frutto tropicale sono gli Stati Uniti, che consumano in media circa 3,5 kg di avocado all’anno. Grazie a questo successo, la sua espansione nella produzione è crescita molto velocemente: per questo motivo è stato stimato che nel 2032 si arriverà a produrre circa 12 milioni di tonnellate all’anno, cifre che renderanno l’avocado il frutto tropicale più commercializzato, superando anche banane ed ananas.

Per tutti questi motivi, in Messico viene chiamato “oro verde”, a causa degli ingenti profitti generati. Tuttavia, la sua produzione è altamente dannosa per l’ambiente: le coltivazioni intensive di questo frutto, infatti, sono responsabili in questi Paesi di una massiccia deforestazione, di un ingente sfruttamento delle risorse idriche e di un forte inquinamento causato dalle sostanze chimiche utilizzate nelle piantagioni.

Le conseguenze ambientali

Nello stato messicano del Michoacán si concentra il 75 % della produzione del Paese: qui tra il 2000 e il 2020 la superficie coltivata ad avocado è più che raddoppiata, ed è passata da 78mila a 170mila ettari di terreno dedicato a questa attività. Ma non solo: in un anno, per la produzione di avocado si utilizzano circa 450mila litri di insetticidi, 900mila tonnellate di fungicidi e 30mila tonnellate di fertilizzanti. A causa dell’uso smodato di questi prodotti, molti ecosistemi vengono distrutti, mettendo in pericolo la sopravvivenza di molte specie, come ad esempio la farfalla monarca. Per quanto riguarda il consumo idrico, la situazione è ugualmente critica: in Messico, per ogni ettaro di avocado vengono consumati circa 100mila litri di acqua al mese.

L’impatto ambientale del trasporto

Anche la questione del trasporto dell’avocado è molto critica: infatti, il processo che porta il prodotto dai paesi produttori a quelli importatori è altamente inquinante. Secondo uno studio condotto dal Politecnico federale di Zurigo, il trasporto dal Cile alla Svizzera di un chilo di avocado comporta l’emissione di 0,6 chili di CO2 via nave e 13 chili di CO2 via aereo. A causa però dei cambiamenti climatici e della tropicalizzazione del clima, anche l’Europa sta iniziando a coltivare questo frutto, creando delle piantagioni ad hoc per la sua produzione. La Spagna è diventata il maggior produttore europeo, ma anche nel sud Italia può riscontrare un aumento delle coltivazioni di frutta tropicale: infatti, è possibile trovare l’avocado anche in Sicilia, Calabria, Puglia e Sardegna.

Cosa cambiare nella produzione

L’utilizzo di una filiera più corta, quindi, può contribuire a ridurre l’impronta ecologica del consumo di avocado: tuttavia, la chiave per una produzione più sostenibile sta nell’evitare gli scenari di sfruttamento tropicali ed assicurarsi che le coltivazioni vengano gestite in modo sostenibile, a partire dall’utilizzo di pratiche di agricoltura biologica che tutelino il suolo e la biodiversità fino ad arrivare all’eliminazione di sostanze chimiche per la sua coltivazione ed una corretta gestione dell’acqua, una risorsa fondamentale che bisogna usare con maggiore parsimonia.

Di Sara Aimone

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