MILANO – La pulizia dei mari dall'inquinamento è una sfida complessa che richiede un approccio integrato e stratificato su più livelli. Tra questi vi sono: il controllo dei corsi d’acqua, in particolare dei fiumi, dai quali proviene l’80% della plastica presente negli oceani (fonte: Science Advices); il trattamento delle acque reflue presso le industrie, strutture urbane e agricole; la restaurazione degli ecosistemi fluviali e marittimi (spiagge, paludi, zone umide, argini), la rimozione diretta degli agenti inquinanti attraverso la bonifica, l’uso di sistemi di filtraggio e assorbimento, e soprattutto l’utilizzo di nuove tecnologie.
Tra le tecniche di recente invenzione impiegate per affrontare l’inquinamento delle acque consideriamo le nanoparticelle progettate per assorbire i residui di metalli pesanti e simili, la fotoriduzione che usa energia solare e catalizzatori per decomporre le sostanze inquinanti organiche dell’acqua, la tecnologia dei droni che può essere usata per monitorare la qualità dell’acqua e rilevare le sostanze nocive, le intelligenze artificiali e i big data.
Tecnologia e pulizia dei mari: alcuni esempi virtuosi
E’ soltanto a partire dal 2016 che si sono iniziate a lanciare la maggior parte delle invenzioni che oggi hanno il compito di raccogliere i rifiuti di plastica presenti nelle acque, coste e argini.
Grazie all’aumento di finanziamenti, di ordine nazionale e sovranazionale (Ue), e alla partecipazione di enti non governativi e privati, nel giro di 4 anni sono state lanciate il 73% delle invenzioni ad oggi documentate.
- Tra queste si contano i cestini del Seabin project, in grado di raccogliere olio, carburante, detergenti e microplastiche dai mari. Grazie all’idea di due australiani, Pete Ceglinski e Andrew Turton, a un cestino dell’immondizia presente sulla terraferma deve corrispondere un altro cestino marino delle stesse dimensioni. Oggi sono migliaia i Seabin installati in tutto il mondo, capaci di catturare all’unità 500 chili di residui l’anno.
- Vi sono poi i droni WasteShark, simili ai cestini di mare, che hanno la capacità di rimuovere i rifiuti dalle acque muovendosi sulla loro superficie in modo autonomo e senza generare emissioni di alcun tipo. L’algoritmo che lo guida è in grado di capire quando il cestino è pieno, quindi di farlo tornare alla nave, detta SharkPod, per essere svuotato e ricaricato.
- Gli olandesi Beach Bot, di Project Bb, sono invece robot capaci di muoversi sulle spiagge e di eliminare immondizia di piccole dimensioni, come tappi di bottiglie o sigarette. Mentre i robot granchi, dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, esplorano i fondali marini alla ricerca di rifiuti, senza danneggiamenti dei primi.
- Infine, la grande opera di The Ocean Cleanup, Interceptor, dalla forma di un’imbarcazione, che è capace di catturare 50mila chili di rifiuti al giorno grazie a una barriera galleggiante incanalata all’interno del trasportatore. La barriera, composta da un certo numero di boe galleggianti, capaci di far passare altri tipi di imbarcazioni senza ostruzioni, impedisce ai rifiuti di disperdersi nel mare: viene infatti posizionata sui letti dei fiumi o là dove sono presenti correnti marine-oceaniche. Sono fornite di un dissuasore alimentato a energia solare con il compito di allontanare i pesci che rischierebbero di restare altrimenti bloccati.
Tra tutela ambientale e sensibilizzazione
Se la maggior parte di queste invenzioni hanno lo scopo di ripulire spiagge e territori marini in modo massiccio, è altrettanto vero che non sono perfettamente in grado di totalizzarne il filtraggio o di impedire che nuovi rifiuti vi vengano immessi. Ciò che galleggia sulla superficie è infatti solo una piccolissima parte di quello che confluisce in mare ogni anno. Per ogni sacchetto di plastica recuperato in mare, vi sono altrettanti miliardi di particelle di microplastica quasi irrecuperabili.
Il coinvolgimento delle comunità e la collaborazione internazionale restano due dei tasselli fondamentali per raggiungere gli obiettivi contenuti al’interno dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Senza le nuove tecnologie non ci sarà acqua pulita, e viceversa, senza la sensibilizzazione dei cittadini alla protezione degli habitat naturali, attraverso la promozione di pratiche sostenibili, e senza l’educazione ambientale nelle scuole, l’obiettivo 6 “Acqua Pulita” presente all’interno dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che prevedere il “garantire a tutti la disponibilità e l'accesso ad acqua pulita e servizi igienico sanitari”, resterà difficile da raggiungere.
Di Valentina Toschi