MILANO – Una mostra in completa assonanza sin dal titolo, con il tema dell’acqua attorno a cui ruota l’identità dell’Acquario civico di Milano.
Koo Bohnchang possiede la capacità visionaria di andare oltre la complessità e il caos dell’esistente per interpretarlo come se fosse – sono parole sue – “la superficie silenziosamente ondulata di un grandioso oceano”.
Queste parole sono la chiave interpretativa di un lavoro che usa la natura come un rispecchiamento dell’essere: attraverso le sue immagini, infatti, scopriamo non solo l’oggetto delle nostre osservazioni ma soprattutto noi stessi.
Dietro l’apparente semplicità di un titolo come “Acqua” si nasconde la complessità di una ricerca dai forti richiami filosofici che confluisce in una visione zen dove il soggetto si rispecchia nella natura fino a identificarsi con i suoi ritmi e farli propri.
Le percezioni dell’acqua
Anche dal punto di vista più strettamente linguistico le opere legate all’acqua meritano alcune considerazioni: riprendono la stessa superficie ma lo fanno in momenti diversi, colgono una medesima inquadratura ma la luce crea effetti ribaditi dalla stampa che sottolinea il susseguirsi di diverse tonalità dei grigi.
In questa mostra l’allestimento è parte integrante del messaggio che richiede al visitatore di rapportarsi con tre livelli percettivi corrispondenti ad altrettanti modi di presentare le immagini.
Alcune fotografie sono appese su pannelli, altre sono stampate su un supporto leggerissimo che, grazie all’allestimento che le tiene sospese nel vuoto, ripropongono quelle vibrazioni, quei fremiti, quelle fluttuazioni che l’immagine fotografica aveva immobilizzato in un frammento temporale.
Il discorso non cambia ed anzi è ribadito quando le immagini appaiono in video riproponendo con un diverso mezzo lo stesso effetto, la stessa riflessione.
La contrapposizione fra vita e morte
La mostra prevede anche una sezione dedicata a “Good-bye Paradise”, una ricerca che, per quanto appaia diversa dal punto di vista estetico con il passaggio dal bianconero al monocromo, ribadisce la visione del mondo di Koo Bohnchang e il suo modo di usare le metafore per trasmetterla.
Sulla carta appaiono, realizzate con la tecnica del fotogramma, figure di animali acquatici che riempiono lo spazio muovendosi verso le più diverse direzioni.
Il fotografo ci obbliga così a confrontarci con la contrapposizione dialettica fra vita e morte riflettendo sulla condizione degli animali del cui destino siamo troppo spesso artefici.
L’autore
Koo Bohnchang è uno dei principali fotografi della Corea del Sud. Vive e lavora a Seoul dalla metà degli anni ‘80 dopo aver perseguito i suoi studi alla Fach Hoch Schule di Amburgo.
Le sue opere sono state esposte in molte mostre personali e fanno parte di numerose collezioni museali e private negli Stati Uniti, Europa e in Asia, tra cui: Museum of Fine Arts, Boston; Santa Barbara Museum of Art, California; Museum of Fine Arts, Houston; Philadelphia Museum of Art; The British Museum, London; Musée Guimet, Paris; Fondation Herzog, Basel; Reykjavik Museum of Photography, Iceland; Kahitsukan, Kyoto Museum of Contemporary Art; Museum of Oriental Ceramics, Osaka; Seoul Museum of Art; Leeum, Samsung Museum of Art, Seoul; The Museum of Photography, Seoul.
di Alessandro Conte
9 aprile 2018
Photographs Courtesy of Bohnchang Koo