Nelle sue opere lo scultore concepisce il PET come metafora della natura dell’uomo
MILANO - L’annullamento della materia ed il trionfo dello spirito rimanda alla natura dell’uomo. E’ possibile riassumere in questo modo l’arte contenuta all’interno delle opere dello scultore di bottiglie Danilo Marchi. L’artista biellese si dedica all’esclusivo utilizzo di contenitori in plastica quale materiale di ricognizione a partire dal 1999, quando inizia a ricercare il mistero dell’umana natura nella limpidezza dell’acqua e della sua diretta conseguenza, la bottiglia.
DAL FERRO ALLA PLASTICA – Le sue opere rappresentano l’evoluzione di un percorso di studio sui materiali, partito con l’utilizzo di terracotta, rame, acciaio e ferro, e sfociato in un materiale leggero e versatile come la plastica. «Nella trasparenza del PET è l’annullamento della materia - racconta l’artista - una forma spirituale di luce che parte dalla natura morta di una bottiglia e rivive per raccontare l’essenza perenne e fragile della vita».
LA NATURA DELL’UOMO - «Ma alle spalle delle mie installazioni c’è soprattutto un messaggio mediatico - racconta ancora l’artista - che va oltre le problematiche ambientali e il recupero dei materiali. Il PET, puro e resistente, ma al contempo derivato dalla natura, dal petrolio, ci rimanda alla natura dell’uomo. L’uomo, l’avatar che è oggetto delle mie sculture, appartiene alla natura, ma anche alla tecnologia e alle nuove evoluzioni dell’arte».
ACQUA MATERIA ARTISTICA - Ma scavando nella produzione di Marchi è il rapporto con l’acqua, a colpire di più. «C’è la filosofia dell’acqua in ogni mia opera – spiega Marchi – che è una materia fondamentale per tutti gli artisti. Lavorare con l’acqua è come lavorare con la vita, una grande poesia fatta di materia liquida».
aggiornato il 5 marzo 2013