MILANO – Riuscire a determinare con precisione la fine di due ere glaciali: la prima avvenuta circa 960 mila anni fa e la seconda 875 mila. È il risultato a cui sono giunti alcuni scienziati, guidati dall’Università di Melbourne con la collaborazione dell’italiana Ca’ Foscari di Venezia. Usando delle tecniche di datazione radiometrica gli esperti hanno capito che tutto dipende dall’angolo di inclinazione della Terra. A riportarlo è uno studio pubblicato su Science.
Fondamentali sono state le stalagmiti
Le stalagmiti presentano delle piccole quantità di uranio e piombo. Questi elementi sono stati utilizzati dagli scienziati per fornire un controllo cronologico alle “informazioni paleoclimatiche” estratte. Dato che le stalagmiti, assieme ai sedimenti oceanici, condividono lo stesso “segnale climatico”, è stato possibile confrontare la cronologia uranio-piombo delle stalagmiti con il record oceanico.
Non solo stalagmiti, ma anche l’obliquità terrestre
I dati raccolti sono stati messi a confronto con altri, molto più recenti, ed è emerso che l’inclinazione dell’asse della Terra abbia un’influenza persistente non solo sull’inizio della terminazione di un’era glaciale, ma anche sulla propria durata. Questo schema quindi, si è ripetuto diverse volte nel corso di milioni di anni.
Con i nuovi dati, il gruppo di ricercatori ha scoperto inoltre che il tempo necessario per portare a compimento una terminazione di un’era dipende dai livelli di energia estiva delle calotte glaciali.
Da tutto ciò è emerso che il clima terrestre è stato molto più freddo di quello attuale per buona parte dell’ultimo milione di anni. Le calotte di ghiaccio che presentavano uno spessore considerevole, coprivano parte dell’America del Nord e dell’Eurasia. Ogni 100mila anni, però, si registrava un aumento delle temperature che ha fatto in modo di raggiungere la situazione climatica attuale.
di Salvatore Galeone
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