MILANO – Oltre 1 miliardo di persone al mondo non ha accesso ad acqua potabile. Lo sappiamo, quest’affermazione suona quasi ironica visto che circa il 70% della Terra è ricoperta d’acqua. Il problema è che, di questa grande quantità, oltre il 95% è acqua salata e dunque inutilizzabile per l’approvvigionamento delle risorse idriche. Ma siamo davvero certi del fatto che l’acqua di mare non possa essere bevuta? Se fino a qualche mese fa la risposta non poteva che essere negativa, dopo lo studio pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnoly dai ricercatori dell’Università di Manchester, possiamo dire che forse, un giorno, il mare potrà fornire acqua potabile. Come? Grazie a una membrana di ossido di grafene in grado di separare il sale dall’acqua marina.
La scoperta
Come riportato sul portale Popular Science, le proprietà del grafene erano già state utilizzate in passato per filtrare nanoparticelle, molecole organiche e sali di grandi dimensioni. Il sale marino, però, risultava troppo fine per poter essere filtrato naturalmente da questo incredibile materiale. La membrana originaria, infatti, non era in grado di fornire una completa separazione dei sali. Una ricerca precedente aveva dimostrato che, se immerso in acqua, il grafene tendeva a gonfiarsi e a dilatare i pori. Questo permetteva di bloccare solo ioni e molecole relativamente grandi, mentre i sali più piccoli continuavano a fuggire. Per risolvere il problema, i ricercatori inglesi hanno ideato una speciale resina epossidica che, posizionata su entrambi i lati della membrana, permette di controllare le dimensioni dei pori, consentendo così il filtraggio completo del sale.
Un passo importante
La scoperta potrebbe davvero rivoluzionare le tecniche di filtrazione d’acqua, soprattutto nei paesi in cui la maggior parte della popolazione non ha accesso ad acqua potabile. “La realizzazione di membrane con dimensioni uniformi del pori, al di sotto della scala atomica, è un passo importate e apre nuove possibilità per migliorare l’efficienza delle tecnologie di desalinizzazione” ha spiegato Rahul Nair, scienziato a capo del progetto. Il prossimo passo? Quello di analizzare la reazione della membrana al costante contatto con l’acqua di mare. Se i risultati delle sperimentazioni dovessero andar bene, gli scienziati dovranno impegnarsi a dimostrare che queste membrane sono producibili – a un prezzo economicamente accessibile – su scala industriale.
di Cristina Neve
23 maggio 2017
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