Inquinamento acustico degli oceani: il rapporto ONU

Inquinamento acustico degli oceani: il rapporto ONU

Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite affronta il problema dell’inquinamento acustico dell’oceano, delineandone anche possibili soluzioni

MILANO – Le Nazioni Unite hanno recentemente pubblicato un rapporto sul tema dell’inquinamento acustico che le attività antropiche causano negli oceani di tutto il mondo, con un impatto e delle conseguenze su tutto l’ecosistema marino.

Inquinamento acustico degli oceani: l’impatto

Considerati da sempre come luoghi silenziosi e misteriosi, i profondi oceani sono in realtà ricchi di suoni. Il problema, tuttavia, è il fatto che non si tratta solo di suoni naturali, tipici della biodiversità che vive questi luoghi, ma anche di suoni che derivano dalle attività umane, che sulla biodiversità hanno necessariamente un impatto. Tali attività umane sono iniziate con la Rivoluzione industriale, e tra queste troviamo soprattutto i rumori delle navi commerciali, delle indagini geofisiche, delle trivellazioni petrolifere, delle turbine eoliche offshore, dei sottomarini, dell’estrazione mineraria e delle esercitazioni militari.

Tutte queste attività causano un rumore di sottofondo che disturba l’attività della fauna marina. Un rumore esterno antropico ha inevitabilmente un impatto negativo, e questo è stato riscontrato in almeno 150 specie di animali marini. Ad esempio, molte specie, come le balenottere azzurre, utilizzano l’ecolocalizzazione per comunicare, trovare prede e orientarsi. E ancora: i colpi di un fucile ad aria compressa possono uccidere tutte le larve di krill entro un raggio di 1,2 km.

I 3 tipi di inquinamento e le possibili soluzioni

La Convenzione delle Nazioni Unite sulla conservazione delle specie migratrici degli animali selvatici ha recentemente pubblicato un rapporto sul tema dell’inquinamento acustico negli oceani, cercando tuttavia di fornire anche possibili soluzioni. Lindy Weilgart, autrice del rapporto e specialista del rumore sottomarino presso la Dalhousie University in Canada, ha infatti sottolineato che il suo obiettivo è quello di suggerire alcune tecnologie e pratiche che potenzialmente possono presentarsi come mezzo efficace per la riduzione del rumore legato a tre tipologie di attività antropiche: navigazione, rilevamento sismico con armi ad aria compressa e battipalo.

La navigazione

L’eccessivo rumore associato alla navigazione – con conseguenze in termini di elevati livelli di stress delle balene del Nord Atlantico, disorientamento dei branchi di tonno rosso e riduzione della qualità delle larve di merluzzo atlantico – potrebbe essere dovuto al design dell’elica o dello scafo, o una cattiva manutenzione di questi. Una migliore progettazione e mantenimento, così come una riduzione delle velocità - solo una modesta riduzione della velocità del 10% può ridurre l'impronta acustica del 40% - potrebbero quindi rappresentare soluzioni efficaci.

Il rilevamento sismico con armi ad aria compressa

Questo tipo di attività, utilizzata per esplorare il fondale marino per cercare risorse, può avere conseguenze devastanti sull’ecosistema marino, dalle balene fino ai plancton. Come alternativa ai fucili ad aria compressa, il rapporto suggerisce l’utilizzo di sistemi di vibrazioni marini in grado di creare un segnale più lungo e silenzioso.

Battipalo

Anche martellare le strutture fondamentali nel fondo marino per sostenere parchi eolici offshore, ponti e costruzioni può avere conseguenze negative su diverse specie marine, tra cui soprattutto focene, orate, merluzzi e sogliole. L’autrice del rapporto suggerisce come alternativa la tecnica definita “Blue Piling” che utilizza al posto del martello un’enorme massa d’acqua, riducendo così il rumore.

Di Elena Parodi

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