MILANO – Oliver Plunkett, amministratore delegato di Ocean Infinity, ha detto di voler arrivare a produrre il 90% in meno di emissioni di anidride carbonica per rendere la propria azienda più ecologicamente sostenibile. Così, entro la fine del 2020, una flotta di quindici “robot di superficie senza pilota” solcherà i mari con l’obiettivo di eseguire operazioni di acquisizione ed intervento di dati offshore fino ad una profondità di 6000 metri. Queste "navi robot" saranno in grado di distribuire in remoto una vasta gamma degli ultimi sensori per l’acquisizione di dati visivi e acustici, un'innovazione dettata dal desiderio di innovare e ridurre ulteriormente l'impatto sull’ambiente ed il tempo che le persone trascorrono in mare.
Le navi, che faranno parte di Armada (una nuova società pionieristica di tecnologia e dati marini, con un focus sulla sostenibilità), andranno ad integrare l’attuale flotta di veicoli subacquei autonomi di Ocean Infinity. Queste navi saranno impiegate per ispezionare condutture, mappare le condizioni dei cavi sottomarini per le telecomunicazioni e dei parchi eolici offshore, ma si impegneranno anche nella ricerca di relitti.
Le navi verranno controllate da terra
La flotta di Armada non richiede né un equipaggio né una “nave madre” nelle immediate vicinanze. Le navi robot, infatti, saranno controllate e gestite da marinai esperti tramite delle comunicazioni satellitari da strutture “al passo con i tempi” nelle sedi di Austin, in Texas, e Southampton, nel Regno Unito. Così facendo, l’azienda riuscirebbe a risparmiare il 90% in meno di anidride carbonica rispetto alle altre navi da ricognizione convenzionali, guadagnando soprattutto il termini di sostenibilità ambientale. La flotta è attualmente in costruzione e la fine dei lavori sarebbe fissata entro la fine del 2020.
Ocean Infinity, un po’ di storia
Ocean Infinity ha sede a Houston ed è stata alla base di alcune scoperte di più “alto profilo” degli ultimi anni. Nel 2018, per esempio, ha individuato il sottomarino argentino scomparso ARA San Juan e, l’anno successivo, la nave da carico Stellar Daisy, a una profondità di oltre 3400 metri nell’Oceano Atlantico meridionale.
di Michael Dones
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