Claudio Cassardo e la divulgazione scientifica per affrontare il cambiamento climatico

Claudio Cassardo e la divulgazione scientifica per affrontare il cambiamento climatico

Il docente e ricercatore universitario racconta il suo percorso professionale, i principali eventi atmosferici studiati e le azioni quotidiane per promuovere uno stile di vita sostenibile.

MILANO – Claudio Cassardo è uno dei pochi docenti universitari in Italia a insegnare sia meteorologia che clima. La sua passione per la fisica dell'atmosfera nasce da un’infanzia affascinata dagli eventi meteorologici, culminando in una carriera dedicata all’approfondimento scientifico e alla divulgazione sui temi del cambiamento climatico.

Cassardo è un convinto sostenitore del ruolo chiave della divulgazione scientifica e dell’educazione per sensibilizzare il pubblico sui temi climatici. Ha creato un corso universitario aperto anche a chi non ha una formazione scientifica, con l’obiettivo di rendere accessibile il linguaggio complesso della scienza. Inoltre, spiega come sia fondamentaleintegrare azioni quotidiane e collettive per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e costruire un futuro sostenibile.

Tra libri, corsi e interventi pubblici, Claudio Cassardo incarna l’importanza della scienza al servizio della comunità, ispirando nuove generazioni a prendersi cura del pianeta.

 

Buongiorno Claudio, ci può parlare del suo percorso professionale e di come si è avvicinato al campo della meteorologia e climatologia? 

Sin da piccolo sono stato sempre affascinato dagli eventi meteorologici. Pur se privo delle basi scientifiche, ho seguito su libri e televisione le occasioni di approfondimento, creandomi una mappa mentale delle situazioni che favorivano determinati fenomeni. Al liceo, fui consigliato di intraprendere gli studi della fisica per approfondire le mie conoscenze, e così feci, laureandomi con una tesi a carattere fisico-meteorologico.

 Scelsi anche di espletare il servizio militare, allora obbligatorio, nell’Aeronautica, in modo da passare un anno al Servizio Meteorologico ed approfondire le mie conoscenze di meteorologia pratica e operativa, che negli studi universitari non avevo appreso. Poi conseguii il dottorato in Geofisica e diventai prima ricercatore e poi docente nel settore disciplinare che raggruppa fisica dell’atmosfera, meteorologia e clima. 

Attualmente sono uno dei pochissimi docenti universitari che insegna sia meteorologia che clima. Iniziai gradualmente ad avvicinarmi al clima ed alla climatologia solo dopo qualche anno di insegnamento, perché compresi quanto sia urgente e, allo stesso tempo, poco sentito il problema del cambiamento climatico. È per questo che, da una quindicina di anni ormai, mi occupo attivamente anche di divulgazione su questi temi. Da cinque anni, tra l’altro, ho attivato un corso universitario su clima e cambiamenti climatici aperto a tutti gli studenti, e anche al pubblico (anche a chi non ha un bagaglio scientifico) proprio per venire incontro al desiderio e alla necessità di approfondire queste tematiche.

   

Negli ultimi anni, gli eventi atmosferici estremi e drammatici sono diventati sempre più frequenti. Qual è l'evento atmosferico di cui si è occupato maggiormente per motivi professionali e quali ragioni l’hanno portata a focalizzarsi su di esso? Può offrirci una sua analisi critica su questo evento e sulle sue cause?

Mi sono occupato in modo particolare dei due eventi alluvionali che hanno colpito in maniera profonda la mia regione: l’alluvione del 1994 (periodo in cui io insegnavo proprio ad Alessandria, pur non risiedendovi, per cui comunque ho potuto vedere con i miei occhi le conseguenze sul territorio) e quella del 2000. La prima è stata forse l’evento meteorologico che ha – per così dire – aperto la porta a molti eventi verificatisi successivamente, ed ha fatto capire a molte persone che certi tipi di eventi possono produrre molti danni e molte vittime, per cui si rendono necessarie misure di adattamento. 

Il secondo evento, che in parte ha interessato anche la città di Torino, è stato più intenso ma ha avuto conseguenze meno dannose, almeno in termini di vittime, ed ha iniziato a far capire che il cambiamento climatico può avere delle influenze anche sull’estremizzazione di fenomeni che possono accadere sul nostro territorio

In entrambi i casi, infatti, l’evento fu generato da flussi di aria calda e umida provenienti da sud, in cui l’orografia di Alpi ed Appennini giocò un ruolo fondamentale nell’intensificare le precipitazioni in certe aree. La presenza di strutture di alta pressione ad est causò la persistenza di questi flussi per moltissime ore consecutive, e i mari già all’epoca più caldi della norma contribuirono ad aumentare il quantitativo di pioggia caduta: entrambi questi fattori, oggigiorno, sono ben noti per estremizzare gli eventi piovosi.

  

Qual è, secondo lei, il ruolo dell'educazione universitaria e della divulgazione scientifica nel mitigare il cambiamento climatico?

L'educazione universitaria e la divulgazione scientifica rappresentano due pilastri fondamentali nella lotta contro il cambiamento climatico, che può essere definita come una delle più grandi sfide del nostro tempo, per gli impatti su territorio, ecosistemi e anche sulle nostre vite, ma anche per via delle ricadute negative su molti altri ambiti che coinvolgono la vita sociale. I pilastri summenzionati svolgono un ruolo essenziale nell’aumentare la consapevolezza, creando una cittadinanza consapevole e informata

Fornendo informazioni accurate e aggiornate sui meccanismi del cambiamento climatico, le sue cause e le sue conseguenze, e spiegando i concetti scientifici in modo chiaro e accessibile, si contribuisce a promuovere la comprensione e si amplia la fetta di pubblico in grado di comprendere la complessità del problema e di valutare criticamente le informazioni disponibili, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni, più sensibili e coinvolte nella lotta contro il cambiamento climatico. 

Inoltre, è la via maestra per favorire il dibattito pubblico e combattere la disinformazione e le fake news sul clima, creando spazi di confronto e discussione, e promuovendo un dibattito costruttivo e informato sulle politiche climatiche e sulle scelte individuali e collettive. Questo è anche il motivo per cui ho creato il corso di clima per tutti gli studenti. Occorre sempre di più rendere il complesso linguaggio della scienza comprensibile a tutti, in modo che possa raggiungere un pubblico vasto e eterogeneo, sensibilizzare l'opinione pubblica, e promuovere un cambiamento culturale verso stili di vita più sostenibili.

  

Infine, che consiglio darebbe ai nostri lettori per contribuire attivamente alla salvaguardia del nostro ambiente?

Il discorso può essere affrontato su più livelli. Da un lato, ci sono le azioni quotidiane per un futuro sostenibile, come limitare i rifiuti, gli sprechi, anche riutilizzando gli oggetti che possono ancora servire, differenziare i rifiuti, risparmiare energia (non solo elettrica), risparmiare le risorse (tra cui l’acqua ma anche il cibo, scegliendo bene gli acquisti da fare), scegliere una mobilità sostenibile (piedi, bici, mezzi pubblici, o accentuare la condivisione). 

Tra queste, come detto prima, riveste una notevole importanza l’informazione su questi temi. Dall’altro lato, ci sono un gran numero di azioni collettive, per le quali si possono sostenere progetti atti a misure di adattamento o mitigazione, come quelli legati alla riforestazione, alla protezione ambientale, le comunità energetiche, e così via. Tra queste, va inserito anche il sostegno agli amministratori che inseriscono nei propri programmi le azioni di contrasto al cambiamento climatico

L’utilità delle azioni collettive è notevole poiché si moltiplica l'impatto, si crea maggiore consapevolezza e si incoraggia il cambiamento. Da questo punto di vista, anche l’impegno per contribuire alla sensibilizzazione della popolazione su questi temi è importante, al fine di far crescere la consapevolezza collettiva.

 

Di Martina Invernizzi

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