L’economista agro-alimentare dell’Università di Milano spiega come tra i consumatori ci sia ancora confusione attorno all’acqua minerale
Quanto i consumatori sono consapevoli dell’acqua che bevono?
In linea di massima il comportamento del consumatore è ispirato ad un uso abbastanza inconsapevole, nel senso che si beve genericamente acqua, senza ulteriori specificazioni. Il passaggio da quella potabile a quella minerale, nelle sue diverse tipologie, avviene perciò con altrettanta genericità. In qualche caso vi è come unica motivazione la ricerca di una bevanda che sia più sana o con minori potenziali inquinanti di quella fornita dalle reti dell’acqua potabile. Il consumo extra domestico contribuisce ad una immagine di genericità, addirittura spesso viene confusa l’acqua minerale con quella gasata e la naturale con quella non gasata. La confusione è poi accresciuta da un lato da una classificazione poco chiara per il consumatore e dall’altro dalle ricorrenti campagne che sostengono che l’acqua minerale in realtà è la stessa cosa di quella potabile o resa tale. Le iniziative di molti Comuni suscitano reazioni confuse nel cittadino che utilizza i nuovi distributori nella convinzione che ne esca acqua minerale.
La non consapevolezza si estende poi al fatto che molto raramente il consumatore nelle sue scelte è guidato dalla conoscenza delle reali differenze fra le diverse acque, ma segue piuttosto il prezzo come indicatore prevalente. Solo in pochi ristoranti viene proposta una lista di acque alternative a quella fornita indistintamente.
Prezzo e qualità: quanto e in che modo orientano le scelte dei consumatori in fatto di acqua minerale?
Il consumatore nell’uso domestico segue quasi esclusivamente l’indicatore del prezzo, le acque fornite dalla Grande distribuzione con le private label sono in genere anche di primo prezzo, senza una vera scelta. Le acque di qualità sono sostenute dalla comunicazione pubblicitaria che tuttavia privilegia altri aspetti rispetto alle differenze qualitative che, al limite, vengono presentate in maniera banalizzante per attirare l’attenzione del consumatore più che per segnalare le effettive ragioni della qualità intrinseca della singola acqua. In realtà risultano poco chiare le caratteristiche della singola acqua per creare la fidelizzazione del consumatore, tranne nel caso delle acque che per tradizione vengono indicate dai medici per l’infanzia o per particolari patologie.
L’acqua minerale è l’unico alimento sottoposto all’egida del Ministero della Salute: quanta consapevolezza c’è a riguardo nei consumatori?
Ritengo che il fatto sia molto poco conosciuto e che la stessa formulazione delle etichette, che ne dà conferma, sia poco efficace, perché risultano difficili da leggere e da comprendere. Il consumatore non sembra tenerne conto neanche sugli aspetti rassicuranti come la presenza delle autorizzazioni del Ministero della Salute e delle altre strutture pubbliche coinvolte.
L’acqua è una risorsa di cui l’Italia è ricca: perché c’è la cognizione che la disponibilità di questo bene sia illimitata?
Premesso che l’Italia non è ovunque ricca di questa risorsa, ciò avviene probabilmente perché viene considerata un bene pubblico utilizzabile da tutti senza costi. Spesso non si tiene nemmeno conto di quelli di adduzione e controllo sanitario che comunque sono molto più bassi che altrove. Il dibattito che si è sviluppato in occasione del referendum per l’abrogazione delle norme sulla cosiddetta privatizzazione dell’acqua ha mostrato che prevaleva una visione per cui è ritenuta abbondante, disponibile per tutti e senza oneri. La sensazione diffusa era che fosse in gioco il diritto di tutti all’acqua, un problema diverso da quello del referendum.
aggiornato il 27 febbraio 2013