MILANO – Paola Gianotti inizia a pedalare a 28 anni e con solo 1 anno di allenamento fa il giro del mondo. La bicicletta è stata in grado di unire le sue più grandi passioni: lo sport e i viaggi.
Paola Gianotti è un coach, una speaker motivazionale e autrice di diversi libri. Ha percorso circa 100.000 km in giro per il mondo e ha ottenuto 4 diversi Guinnes World Record. Sono tante le cause per cui ha lottato, come per esempio i cambiamenti climatici, la sicurezza dei ciclisti sulle strade e i diritti delle donne.
In questa intervista racconta il suo percorso personale e le sue avventure compiute in sella a una bici.
Ciao Paola, parlaci un po’ di te e del tuo percorso. Com’è nata la tua passione per il ciclismo?
Avrei potuto fare più un qualcosa legato a Scienze motorie perché io sono sempre stata amante del viaggio e dello sport, però ho sempre pensato che questi due aspetti potessero essere solo relegati al tempo libero e difficilmente potevano diventare una professione. Mi sono sono laureata in economia e commercio. Dopo un’esperienza a Milano, torno a Ivrea dove fondo una società di eventi sportivi e culturali, ma fallisce a causa della crisi del 2008.
In quel momento ho deciso di fare il giro del mondo in bicicletta per diventare la donna più veloce ad aver navigato. La bicicletta non faceva parte della mia vita, quindi non ho iniziato a pedalare molto tardi, a 28 anni, e ho fatto il giro del mondo a 33.
Diversi Guiness World Record ottenuti e di recente 2700km percorsi in Europa: qual è il tuo obiettivo e che messaggio vuoi trasmettere?
Da quando sono tornata dal giro del mondo la mia vita è totalmente cambiata perchè non potevo più tornare alla vita precedente. Quindi è partita una mia seconda vita.
Passati i tre record, ho iniziato anche a dare importanza non soltanto più al record in sé stesso, ma anche importanza a impegni sociali. Il mio primo impegno sociale nasce nel 2014 quando faccio il giro del mondo in bici, perché a metà percorso, dopo 15.000 chilometri mi trovano negli Stati Uniti e sono stata investita da un automobilista, che ha fatto un sorpasso azzardato e mi ha rotto la quinta vertebra cervicale; mi sono dovuta fermare e dopo quattro mesi esatti ho ripreso il giro del mondo per concluderlo. E quando sono tornata ho iniziato a impegnarmi anche sul tema del rispetto del ciclista strada. Quindi per me una delle due campagne che porto avanti da 10 anni è proprio quella del rispetto del ciclista, cercando di fare anche introdurre una nuova legge sulla sicurezza sulla strada.
Nel 2016 sono stata testimonial della RAI che ha candidato la bicicletta come premio Nobel alla pace, se avesse vinto la bicicletta, il premio sarebbe andato alla prima squadra di ciclismo femminile afgana.
Nel 2022 ho attraversato l'Europa da Stoccolma fino a Milano per piantare 2022 alberi, portando avanti un messaggio sull'importanza dell'ambiente e degli alberi.
Lo scorso anno ho attraversato il Mato Grosso, uno stato del Brasile, pedalando per 1500 chilometri per documentare la deforestazione.
Qual è la tappa che ti ha segnato di più?
Difficile identificarne una sola perché veramente ce ne sono tante, però io sono amante del Sudamerica e uno dei posti più belli è stato attraversare il deserto di Atacama che collega il Cile con il Perù. Pedalare di notte sotto un cielo stellato che difficilmente si vede è stato incredibile.
Che cosa intendi tu per mobilità sostenibile? A che punto siamo?
La mobilità sostenibile non è ovviamente solo la bicicletta, ma è tutto quello che favorisce anche un ritorno della città alle persone.
Quindi mobilità sostenibile vuol dire aumentare i mezzi pubblici, in modo che le persone si possano muovere in modo veloce all'interno di una città e in modo sicuro. Girando l'Europa mi sono resa conto che in tanti luoghi i parcheggi sono stati praticamente aboliti all'interno delle città.
A Tallin, in Estonia, i mezzi pubblici sono gratuiti per i cittadini e quindi le persone sono incentivate a utilizzarli. In tutta Europa c’è una grande attenzione al ciclista e anche al pedone.
Combatto quotidianamente per fare in modo che non muoiano sulla bici 3159 persone all'anno in Italia, con una percentuale altissima di ragazzi sotto i 30 anni.
Di Stefano Morretta