Gioielli ricavati dalla plastica? Si può! L’artista Laura Stefani ci spiega i suoi segreti.
MILANO - Originali, uniche e bizzarre: queste le caratteristiche delle creazioni di Laura Stefani, artista padovana capace di reinventare materiali di vario genere dando vita a collane, anelli, spille e bracciali di tendenza. Recentemente attirata dalle potenzialità della plastica ha iniziato a manipolare le bottiglie che, tagliate, surriscaldate e deformate, sono divenute il materiale preferito per i suoi gioielli. Qui di seguito le parole della designer che spiega la nascita di questa sua passione e la collaborazione con Eva Franceschini, anche lei artista specializzata nella creazione di gioielli dal gusto contemporaneo…
Perché ha scelto le bottiglie di plastica come suo materiale preferito per la creazione dei gioielli?
Avevo bisogno di un materiale che si prestasse ad essere manipolato e stravolto secondo la mia fantasia. La plastica delle bottiglie è umile e nulla ha a che fare con i gioielli classicamente intesi come preziosi: pensare di usarla mi è sembrato originale, trasformarla è una sfida avvincente. Di solito viene considerata solo in modo negativo: un rifiuto , uno scarto da smaltire. Ai miei occhi invece è leggera, disponibile in tantissime tinte e sfumature di colore, opaca o trasparente, facilmente reperibile, deformabile e (dettaglio per niente trascurabile per chi, come me, sperimenta in continuazione) a costo zero.
Perchè anche la plastica può “parlare”?
Qualsiasi materiale può “parlare”, anche il più povero, il più insolito e inaspettato. L’intervento creativo, l’idea, l’armonia delle proporzioni, il senso del colore fanno la differenza e, quel che più conta, possono suscitare emozione.
Quando e in che modo ha cominciato a dedicarsi a questa attività?
Nel 2007 per la prima volta ho esposto in un circolo privato alcuni oggetti realizzati con la plastica: erano candelabri e lampadari ottenuti assemblando bottiglie e coloratissimi tappi di svariati detersivi. Sono piaciuti, ma soprattutto mi hanno fatto capire quanto fosse divertente per me realizzarli. Dal quel momento, intuite le sue nascoste potenzialità, non ho più abbandonato la plastica e ho cominciato a sperimentare tecniche diverse. Ai gioielli sono arrivata subito: mi sono sempre piaciuti vistosi, originali, di effetto e le bottiglie ben si prestavano alle mie esigenze. Da poco più di un anno, l’incontro con Eva Franceschini mi ha portato a voler mescolare la mia plastica con il suo argento. La sapiente lavorazione del metallo di Eva e lo scambio interessante di idee tra noi elevano il mio umile materiale di scarto e lo fanno divenire prezioso. L’insolito connubio ha dato vita a una collezione quanto meno originale presentata per la prima volta lo scorso dicembre (IVO MILAN BOUTIQUE , Padova , dicembre 2012) e arrivata recentemente fino a Tel Aviv (BELLA GIOIA, Italian Contemporary Jewellery, Ermanno Tedeschi Gallery, Tel Aviv, 30 aprile – 6 maggio 2013).
A che cosa si ispira per la realizzazione delle sue creazioni?
Per i pezzi realizzati insieme, Eva ed io ci lasciamo affascinare da tutto quel che di armonico ci circonda, sia esso naturale, come un sasso, un seme, una creatura marina, o artificiale, come una scatola e l’ombra che proietta sul piano, una morbida caramella o il ricordo di una foggia barocca che, rivisitata in chiave contemporanea diviene inaspettatamente minimale, asciutta. Caratteristica comune a tutte le nostre piccole sculture è l’oggettiva leggerezza tangibilmente evidente nelle trame rade, ottenute con un gioco calibrato di vuoti e pieni e di proposito sottolineata dai titoli attribuiti ai singoli pezzi: “sospiri”, “brezza di mare”, “neve al sole”, “bisbigli”…
Qual è il riscontro del pubblico di fronte a questi gioielli ricavati dalla plastica delle bottiglie?
Sorpresa e incredulità sono le reazioni più comuni: a stento il materiale povero viene riconosciuto e, quand’anche svelato, meraviglia l’abbinamento con un metallo prezioso e la sfrontata volontà di trasformare uno scarto in qualcosa che di norma gli si contrappone: un gioiello. Viene poi percepita una componente ironica che, da parte nostra non manca mai e ci fa divertire in fase di progetto e giocare successivamente coi pesi, coi colori, coi titoli.
Aggiornato il 26 giugno 2013