MILANO – Sebbene siano trascorsi circa 18mila anni dall’ultimo massimo glaciale (Lgm), che corrisponde al periodo in cui i ghiacci hanno avuto la massima espansione, la crosta terrestre sta ancora reagendo a questa fusione improvvisa.
Uno studio svolto da un team di ricerca internazionale, pubblicato sulla rivista scientifica Nature, ha scoperto che le Alpi si stanno innalzando di circa 1 o 2 millimetri all’anno.
Tale accrescimento, secondo gli studiosi, sarebbe dovuto alla fusione dei ghiacciai, che avrebbe come conseguenza la diminuzione della pressione sulla superficie della terra.
L’effetto rimbalzo
Grazie a metodi geodetici, sapevamo già che nei vecchi continenti, come i subcontinenti del Nord America e in Scandinavia, tale movimento è causato quasi esclusivamente dal cosiddetto “effetto rimbalzo” post-glaciale, ovvero il movimento verso l’alto della crosta dovuto al disgelo dei ghiacciai.
Invece, nelle catene montuose giovani, come possono essere le Alpi, si pensava che l’innalzamento potesse essere causato soprattutto dalla subduzione della placca africana sotto la placca eurasica e dal movimento della placca adriatica.
Ciò causerebbe un sollevamento della superficie terrestre causato dall’erosione e dal trasporto di sedimenti.
Il caso delle Alpi
Lo studio pubblicato su Nature però, mettendo a confronto la quantità di erosione, scarico del ghiaccio e tettonica locale, grazie anche a modelli supportati dai dati di carotaggio, ha dimostrato che in realtà anche per quanto riguarda le Alpi il sollevamento potrebbe essere spiegato meglio con un movimento di compensazione dopo lo scioglimento dei ghiacciai dell’Lgm, che ha portato il carico glaciale da circa 62mila miliardi di tonnellate, ai soli 4mila miliardi di tonnellate di oggi.
I ricercatori hanno inoltre calcolato che in soli 3000 anni la glaciazione delle Alpi è diminuita di circa l’80% e solo il 10% circa del sollevamento di oggi può essere attribuito allo scarico dei sedimenti.
di Salvatore Galeone
8 maggio 2018