Lotta al cambiamento climatico, l’Italia perde posizioni

Lotta al cambiamento climatico, l’Italia perde posizioni

Il nostro Paese perde posizioni nella classifica delle perfomance climatiche dei principali Paesi del Pianeta, scendendo dal 29°al 44°posto.

MILANO - Nella classifica delle performance climatiche dei principali paesi del Pianeta l’Italia scende dal 29°al 44°posto della classifica, perdendo ben 15 posizioni. I motivi? Soprattutto il rallentamento della riduzione delle emissioni climalteranti (37° posto della specifica classifica) e una politica climatica nazionale (58° posto della specifica classifica) insufficiente per fronteggiare l’emergenza. È quanto emerge in dal rapporto annuale di Germanwatch, CAN e NewClimate Institute sulla performance climatica dei principali paesi del pianeta, realizzato in collaborazione con Legambiente per l’Italia e presentato nel corso della COP28 di Dubai.

Nel rapporto si prende in considerazione la performance climatica di 63 Paesi, più l’Unione Europea nel suo complesso, che insieme rappresentano oltre il 90% delle emissioni globali. La performance è misurata, attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), prendendo come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030. Il CCPI si basa per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo sia delle rinnovabili che dell’efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.

La classifica Germanwatch

Anche quest’anno le prime tre posizioni della classifica non sono state attribuite, in quanto nessuno dei Paesi ha raggiunto la performance necessaria per contribuire a fronteggiare l’emergenza climatica e contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C.

Si conferma in testa alla classifica con il quarto posto la Danimarca, grazie soprattutto alla significativa riduzione delle emissioni climalteranti ed allo sviluppo delle rinnovabili. Seguono Estonia (5°) e Filippine (6°) che rafforzano la loro azione climatica nonostante le difficoltà economiche. In fondo alla classifica troviamo, invece, Paesi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili come Emirati Arabi Uniti (65°), Iran (66°) e Arabia Saudita (67°).

La Cina, maggiore responsabile delle emissioni globali, rimane stabile al 51° posto dello scorso anno. Nonostante il grande sviluppo delle rinnovabili ed il miglioramento dell’efficienza energetica, le emissioni cinesi continuano a crescere per il forte ricorso al carbone.

Invece gli Stati Uniti, secondo emettitore globale, si posizionano al 57°posto. Un passo indietro di cinque pozioni rispetto allo scorso anno, dovuto all’ancora scarsa attuazione delle misure previste dall’Inflation Reduction Act, che destina un considerevole sostegno finanziario per l’azione climatica. Solo tre membri del G20, India e Germania (14°) insieme all’Unione Europe (16°), sono nella parte alta della classifica. La maggior parte dei Paesi del G20, invece, si posiziona nella parte bassa. Mentre Canada (62°), Russia (63°), Sud Corea (64°) ed Arabia Saudita (67°) sono i Paesi del G20 con la peggiore performance climatica.

Di Salvatore Galeone

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