MILANO - Le aree marine protette, se ben realizzate e gestite, rappresentano strumenti indispensabili sia per proteggere l’ambiente marino, sia per consentire il recupero dello stato di salute degli stock ittici e quindi di incrementare la pescosità dei mari, costituendo così degli importanti elementi a contributo della gestione delle risorse oggetto di pesca. L’Unione europea lo scorso anno con la “Comunicazione 380” ha dichiarato la sua strategia per la biodiversità. Questo documento estremamente innovativo si pone l’obiettivo, esplicitato nel suo titolo, di “riportare la natura nelle nostre vite”.
Cos’è la Comunicazione 380
La Comunicazione 380, detta anche COM(2020)380, tra i molteplici obiettivi previsti per l’Europa per il prossimo futuro invita tutti i Paesi europei a proteggere entro il 2030 il 30% delle superfici marine ad essi appartenenti, indicando inoltre, che almeno il 10% di queste superfici dovranno essere incluse in aree “strettamente protette”. Sempre l’UE, per consentire agli Stati europei di essere nelle condizioni di attuare un programma così ambizioso, ha previsto che i Paesi definiscano in modo dettagliato il quadro complessivo delle soluzioni che intendo attuare per perseguire gli obiettivi di cui sopra entro il 2023, in modo da avere poi il tempo adeguato (7 anni) per concretizzare per il 2030 il sistema complessivo previsto.
Quindi per il 2030 gli Stati dovranno gestire come aree marine protette, attraverso misure di protezione stretta, almeno il 10% delle loro acque e applicare altre misure effettive di protezione almeno al restante 20% delle superfici marine complessive.
Altre efficaci misure di conservazione su base spaziale
A questo proposito è importante ricordare che negli ultimi anni a livello mondiale, indipendentemente dalla riconosciuta importanza delle aree marine protette, si è iniziato a considerare sempre con maggior interesse anche l’applicazione di altre soluzioni gestionali delle attività umane, selezionate perché in grado di contribuire efficacemente alla salvaguardia dell’ambiente marino. Per favorire questo processo l’IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ha definito una nuova realtà, costituita dalle “Other Effective Area-based Conservation Measures” (OECMs in italiano), ovvero “Altre efficaci misure di conservazione su base spaziale”. Questo nuovo strumento, che si va affiancare a quello costituito dalle aree marine protette, secondo la Convenzione sulla Biodiversità (CBD), riguarda “un'area geograficamente definita diversa da un'area protetta, che è governata e gestita in modi che permettono di conseguire risultati positivi e sostenuti a lungo termine per la conservazione in situ della biodiversità, con funzioni e servizi ecosistemici associati e, ove applicabile, valori culturali, spirituali, socio-economici e altri valori rilevanti a livello locale” (CBD, 2018).
Tale definizione, condivisa a livello internazionale, sia in campo terrestre che marino, in realtà ad oggi non implica una lista codificata di misure specifiche; attualmente siamo quindi in una fase di analisi a livello internazionale al fine di arrivare a permettere, in modo codificato e condiviso, l'identificazione, il riconoscimento di dette tipologie di misure, e il modo in cui un Paese possa comunicarne ufficialmente l’applicazione.
Gli scenari futuri
I prossimi mesi saranno importantissimi perché, grazie all’impegno della comunità tecnico-scientifica europea e mediterranea, l'Unione Europea avrà a disposizione degli elementi concreti per pianificare il quadro richiesto per il 2023: un insieme di aree marine strettamente protette, affiancate da un sistema di aree interessate da efficaci misure di gestione delle attività umane che consentano, per far sì entro il 2030 che un terzo dei nostri mari sia adeguatamente tutelato.
Di Leonardo Tunesi