MILANO – Quando iniziamo il processo di disidratazione, il nucleo preottico mediano (un gruppo di cellule in una sottostruttura dell'ipotalamo), coordina i segnali inviati al cervello dai vari tessuti e organi, li traduce nella sensazione di sete e ci spinge a ripristinare i giusti livelli di acqua nell’organismo.
A scoprirlo, secondo quando riportato da Science, è un gruppo di ricercatori della Stanford University.
La scoperta
La sensazione di sete emerge appena il tenore d'acqua del corpo diminuisce dell'1-2 %, e si intensifica progressivamente via via che il liquido diminuisce.
Tuttavia, il livello di idratazione ottimale non è identico per tutti i tessuti e gli organi e anche la sua riduzione può avvenire in modo non uniforme.
Il corpo, però, ha dei sensori specifici in grado di rilevare la carenza di acqua, un elemento essenziale per tutte le reazioni chimico-fisiche.
I sensori periferici presenti a livello cardiopolmonare inviano infatti i loro messaggi di allerta a una specifica area cerebrale, quelli che controllano la concentrazione di alcune sostanze nel sangue ad altre aree e quelli situati a livello della bocca e del tratto gastrointestinale ad altre ancora.
I meccanismi di allerta dell'organismo sono noti da tempo, ma non era ancora chiaro quale fosse la centralina cerebrale in grado di ricevere e coordinare questi differenti segnali per innescare la stessa risposta - la sensazione di sete - e i comportamenti conseguenti, modulandola inoltre in base alla gravità della situazione.
Le tecniche adoperate dalla ricerca
Questa scoperta è stata possibile grazie alle tecniche di optogenetica (tecniche ottiche e genetiche di rilevazione).
In particolare, hanno creato un ceppo di topi geneticamente modificati così da permettere l’attivazione e l’inibizione delle aree cerebrali interessate al sistema della sete.
Attraverso il monitoraggio dell’attività cerebrale dei topi, i ricercatori hanno osservato che l'attivazione delle diverse vie di segnalazione della sete convergeva sempre sul nucleo preottico mediano.
Inoltre, attivandolo artificialmente i topi tornavano a bere anche se lo avevano appena fatto.
Al contrario, disattivando il nucleo preottico mediano, i topi si astenevano dal bere anche se erano stati privati di acqua da diverso tempo.
di Valentina Izzo
2 ottobre 2017
credits: Fotolia