MILANO – Eugenio Tibaldi è nato ad Alba nel ’77, nel 2000 si trasferisce nell'hinterland napoletano dove inizia un lavoro che indaga uno dei territori più plastici e dinamici d'Italia e traccia una sorta di mappa dell'informalità. Il margine rappresenta per l’artista piemontese l'unica via veramente in grado di generare possibilità alternative. La sua passione per l’arte contemporanea ha radici profonde e si è esplicitata in una delle sue opere oggetto di approfondimento, il “Giardino abusivo”, dove l’acqua ricopre un ruolo fondamentale.
Ciao Eugenio, parlaci un po’ di te e del tuo percorso artistico. Com’è nata questa passione?
Non saprei dire esattamente, sono stato uno di quei bambini a cui tutti facevano i complimenti per come disegnavo, ma non credo che sia questo il punto. L'arte contemporanea è un contenitore enorme in grado di accogliere ciò che gli altri sistemi funzionali tendono a ritenere non allineato, ed è questa la ragione per cui mi trovo ad operare nell'arte. Fra le fila degli artisti si celano mancati, politici, matematici, filosofi, coltivatori, fabbri ed anche io. Il lavoro dell'artista è uno dei più complessi al mondo in quanto non prevede una richiesta preventiva, una sorta di problema da risolvere, nessuno ha bisogno di un'opera d'arte. Siamo un settore post-funzionale, ragioniamo, ci facciamo le domande e ci diamo le risposte ed alla fine speriamo che qualcuno desideri condividerle e difenderle.
Giardino Abusivo: da dove nasce l’idea e qual è il significato? Avresti voglia di raccontarci un po’ il progetto? Che ruolo svolge l’acqua nel mantenimento dell’installazione?
Il “Giardino abusivo” è un lavoro in collezione ai musei Milanesi, realizzato nel 2019 per i 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, presso il museo del 900 di Milano. É un complesso meccanismo di perdono in auto-costruzione. L'acqua è l'elemento portante dell'installazione che si sviluppa al livello -1 del museo partendo dai bagni dove intercettando l'acqua in eccesso dei rubinetti automatici, la convoglio in un circuito di pompaggio che prevede tre distinte fasi in tre piani diversi.
- La fase 1: acquatica con piante per la fitodepurazione e per l'arricchimento dell'acqua
- La fase 2: quella produttiva con ortaggi e piante medicali
- La fase 3: quella meditativa con piante che generano bellezza e profumo.
Ognuno di questi livelli si concretizza in installazioni che utilizzano gli accumuli del nostro sistema consumistico ridefinendo l'idea di Habitat naturale. La mia volontà e quella di proporre una sorta di “giardino all'italiana” informale e casalingo. Un modo per far convivere disastro e bellezza, fallimento e rigenerazione, aspetti che sono sempre presenti nel destino umano.
Binomio arte contemporanea e sostenibilità: come si inserisce nella tua visione artistica?
L'arte può veicolare dei messaggi, ma non dovrebbe essere mai uno slogan. L'esistenza è basata sull'equilibrio, se provassimo a parlare di armonia, di tolleranza e riuscissimo ad immaginare altre possibilità del vivere rispetto ai modelli occidentali forse avremmo qualche chance di essere sopportabili dal pianeta più che sostenibili. L'opera d'arte assume un valore quando riesce ad incidere sull'immaginario collettivo ed a condensare e veicolare delle necessità che sono già insite nella società. L'arte contemporanea è una riflessione sul presente che spesso si avvale di uno sguardo laterale, alternativo ed è questa la ragione per cui potrebbe risultare una risorsa importante.
Di Stefano Morretta