MILANO - Unire i benefici legati alle strategie aziendali, ovvero la roadmap di decarbonizzazione e la tutela della risorsa acqua, con quelli che sono gli aspetti di valorizzazione del capitale naturale del territorio all’interno del quale si opera. E’ questo il principale plusvalore secondo il Professor Marco Frey di un progetto come “La fonte della biodiversità di Acqua Panna”, un impegno concreto per la valorizzazione del capitale naturale presso la Riserva Acqua Panna portato avanti dal Gruppo Sanpellegrino in collaborazione con Federparchi e l’Università Sant’Anna di Pisa. In occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità, abbiamo chiesto al Professor Frey, docente dell’Università S.Anna di Pisa, di raccontarci i primi dati emersi a oltre un anno dal lancio dell’iniziativa e di anticipare quali sono le prossime tappe della roadmap legata al progetto.
A oltre un anno dall’inizio dei lavori presso la tenuta Panna, cosa è stato analizzato dal vostro gruppo di lavoro?
Ciò che noi abbiamo fatto ha riguardato lo studio dell’impronta ecologica della Riserva di Acqua Panna, ai fini di individuare un percorso strategico per la valorizzazione congiunta di quelli che sono gli obiettivi: da un lato la minimizzazione delle emissioni di CO2 relative all’attività in essere, dall’altro il potenziamento della capacità di assorbimento che la riserva ha.
Utilizzando un approccio “Life Cycle Assessment” (LCA), una metodologia che valuta l'impronta ambientale di un prodotto/servizio lungo il suo intero ciclo di vita, abbiamo misurato quali sono gli impatti, con particolare riferimento al cambiamento climatico, delle attività in essere, soprattutto per quanto riguarda le culture. Abbiamo quindi censito la superficie forestale di 1000 ettari dove prevale una componente di faggeta (quasi la metà).
Quali sono i primi risultati legati all’analisi territoriale della tenuta Panna?
Dal punto di vista della valutazione complessiva, abbiamo calcolato quale potesse essere l’impronta carbonica dell’attività agricola e la capacità di sequestrare l’anidride carbonica inerente la superficie forestale. Il quadro complessivo è risultato molto interessante: se da un lato ci si trova ad avere un impatto delle attività che si misura in chilogrami/anno, dall’altro abbiamo una capacità di sequestro di anidride carbonica che si può misurare in tonnellate/anno. Quindi, non solo avviene già un’assoluta compensazione, ma c’è una capacità di assorbimento netto estremamente rilevante. Questo consente a Sanpellegrino di evidenziare una potenzialità in termini di carbon insetting già esistente ad oggi, rispetto alla presenza della riserva e della sua funzionalità.
Quali sono state le vostre prime impressioni in relazione all’analisi dei risultati?
La cosa più interessante in termini prospettici è che una gestione ottimale della riserva potrà permettere un maggiore assorbimento della CO2. Inoltre l’accrescimento equilibrato del sistema forestale anche dal punto di vista della biodiversità, in stretta sintonia con quanto definito nell’accordo con Federparchi, porta anche alla valorizzazione ulteriore in ottica di capitale naturale della riserva. Stiamo definendo un piano che, nei prossimi anni e partendo da alcune aree più significative, permetta il rimboschimento con tipologie di piante e alberi strettamente coerenti con le caratteristiche ecosistemiche del contesto, arrivando a quelle soluzioni definite di agroforesty che consentono alla riserva di poter fare un ulteriore e significativo salto di qualità per quanto riguarda le potenzialità in quest’ottica.
In termini di gestione agrosistemica multifunzionale, la prospettiva è quella di unire il beneficio su una delle dimensioni centrali delle strategie aziendali, ovvero la roadmap di decarbonizzazione, con quelli che sono poi gli aspetti di una gestione sempre più attenta della riserva, nelle sue diverse dimensioni ecologiche. Nello spirito della gestione di un bene territoriale, approcci forestali particolarmente attenti alla valorizzazione del capitale naturale possono consentire anche un apporto migliore e strategico dell’azienda nei confronti del territorio.
Quali sono le prossime tappe della roadmap?
Per quanto riguarda la riserva Panna, adesso si tratta di graduare e sperimentare: dopo le stime, ci proporremo di fare misurazioni effettive più dettagliate legate all’assorbimento, con scelte mirate dal punto di vista della gestione forestale: individuazione di aree campione su cui mettere in campo la nostra capacità di misurare direttamente i risultati dell’assorbimento di CO2 da parte delle piante. In quest’ottica costruiremo un vero e proprio piano da attuare, in un arco di tempo decennale, di gestione complessiva.
Che valore può avere per Sanpellegrino la valorizzazione del capitale naturale presso la tenuta Panna?
E' interessante vedere come per un’azienda che non ha nel suo core business la gestione del patrimonio forestale, complementare rispetto all’attività primaria relativa alla valorizzazione della risorsa idrica, la valorizzazione del capitale naturale può diventare una componente davvero integrata all’interno della gestione degli ecosistemi. La logica, da un lato del mantenimento del patrimonio forestale che diventa garanzia dell’elevata qualità della risorsa idrica, dall’altro come questo possa diventare un servizio per la collettività in termini di gestore e valorizzatore del territorio, permette all’azienda di sperimentare un approccio partecipato e condiviso, che può permettere l’estensione della stessa in altri contesti nazionali dove si opera.
Di Salvatore Galeone