MILANO – La contaminazione degli oceani causata dalle microplastiche è da sempre uno dei problemi a cui l’UE sta cercando di porre rimedio.
Per questo motivo l’organizzazione internazionale a partire dal novembre 2017 ha iniziato a finanziare un sistema sviluppato presso il KTH Royal Institute of Technology in Svezia.
Il progetto punta a sfruttare le radiazioni del sole per aiutare a liberare gli oceani dalla presenza delle microplastiche.
Lo scenario
Secondo i dati ONU, infatti, ogni chilometro quadrato di oceano contiene circa 63 mila frammenti plastici che oltre a contaminare l’ambiente entrano a far parte degli alimenti ingeriti dagli animali.
La luce solare, attraverso un processo lento, può velocizzare il procedimento di smaltimento. Si tratta del fenomeno dell’ossidazione fotocatalitica, che però nella maggior parte dei casi non sembra essere sufficiente.
Ed ecco perché occorre insistere anche sull’educazione alla raccolta differenziata e al riciclo.
Il progetto
Gli scienziati dell’ateneo svedese hanno cercato un modo per accelerare il tutto.
Dai loro studi è nata una nuova membrana fotocatalitica da aggiungere ai sistemi filtranti delle acque reflue.
La sua particolarità è quella di essere costituita da nanofili rivestiti in un materiale semiconduttore che può assorbire la luce visibile e utilizzarla per “abbattere” le particelle di plastica.
Si tratta della naturale evoluzione dell’ossidazione fotocatalitica, infatti grazie alle membrane i minuscoli materiali inquinanti vengono trattenuti e allo stesso tempo la luce del sole attiva il fotocatalizzatore.
Il progetto è stato chiamato CLAIM (Cleaning Litter by Developing and Applying Innovative Methods in European Sea) e secondo gli esperti del settore porterà grandi vantaggi, dovuti soprattutto all’utilizzo di oltre il 40% della radiazione solare.
di Salvatore Galeone
13 dicembre 2017
Photo: courtesy of Joydeep Dutta