MILANO – Proteggere il 30% degli oceani e dei mari entro il 2030, per assicurare la salute a lungo termine del nostro pianeta. È questo l’ambizioso piano di cui discuteranno i 196 membri della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (CBD), in occasione della 15^ Conferenza delle Parti che si terrà a Kunming, in Cina, dal 17 al 30 maggio 2021.
L’importanza degli ecosistemi marini per l’uomo
La vita sul nostro Pianeta è iniziata circa 3,5 miliardi di anni fa proprio nelle acque. Gli oceani ricoprono circa il 71% della superficie terrestre e, ancora oggi, l’uomo è ben lontano dall’essere arrivato a conoscere tutti gli organismi che popolano i mari. Gli ecosistemi marini hanno un’importanza fondamentale per l’Umanità, sia dal punto di vista ambientale che economico; essi, infatti, forniscono beni e servizi essenziali per la nostra sopravvivenza, servizi che sono alla base dei processi che sostengono l’intera vita sul nostro Pianeta. Basti pensare al fitoplancton e alla sua importanza per la produzione dell’ossigeno che respiriamo e per il sequestro dell’anidride carbonica, così importante per contrastare i cambiamenti climatici in atto, o ai benefici economici estremamente importanti derivanti dalle attività di pesca e acquacoltura, e dal turismo.
I pericoli per gli ecosistemi marini
Nella realtà la situazione dell'ambiente marino su scala mondiale è piuttosto critica: numerosi studi*, pubblicati negli ultimi anni, lo confermano. È in corso un processo provocato da molteplici fattori di origine umana che sta portando al degrado degli ecosistemi marini, perdendo, così, biodiversità e capacità di assicurare beni e servizi all’Umanità.
Quali sono le principali pressioni sugli ecosistemi marini? L’inquinamento, dovuto agli scarichi delle industrie e dell’agricoltura intensiva, il sovra sfruttamento delle risorse ed in particolare la pesca eccessiva, i cambiamenti climatici e l’acidificazione dei mari, gli usi del mare, come i trasporti o l’estrazione di minerali, e l’introduzione e la diffusione di specie provenienti da altri mari. Prendiamo rapidamente in rassegna le principali criticità di questi fattori:
1. Per quanto riguarda l’inquinamento, sebbene nel corso degli ultimi anni siano state attuate politiche a livello nazionale, europeo e mondiale per contenere l’eutrofizzazione e l’inquinamento causato da sostanze pericolose da scarichi industriali e dall’agricoltura intensiva, continuano ad essere individuate nuove sostanze potenzialmente nocive derivanti da nuovi processi produttivi o da scarti di prodotti farmaceutici. Oltre a ciò, è ormai chiaramente documentato l’impatto negativo dei rifiuti plastici che, se non raccolti e correttamente riciclati, rischiano di finire nei corsi d’acqua ed essere ingerite dai pesci e dagli altri animali marini, come uccelli, tartarughe, delfini, provocando danni alla loro salute e causandone in alcuni casi anche il soffocamento diretto.
2. Il sovrasfruttamento delle risorse ittiche è uno dei principali fattori di impatto sulla biodiversità marina, che negli anni ha portato al collasso di diverse specie oggetto di prelievo; inoltre, determinate attività di pesca, se condotte con attrezzi che entrano in contatto con il fondo, possono alterare profondamente le condizioni degli habitat presenti sui fondali. È quindi necessario che le attività di pesca siano opportunamente regolamentate e condotte sulla base di un approccio ecosistemico.
3. L’aumento delle temperature e del livello dei mari a causa dello scioglimento dei ghiacciai, soprattutto di quelli presenti ai Poli, sta portando ad alterazioni della dinamica delle masse d’acqua oceaniche con un crescente impatto sugli ecosistemi marini. La presenza di inverni sempre meno freddi alle nostre latitudini sta, inoltre, favorendo lo spostamento di diverse specie marine di pesci ed invertebrati sempre più a nord.
4. L’aumento delle specie non-indigene, ha un impatto notevole perché, non avendo esse competitori o predatori in natura, possono diventare invasive e andare a modificare i paesaggi sottomarini, provocando la scomparsa di alcune specie tipiche dei nostri mari, determinando effetti negativi su struttura e funzionamento degli ecosistemi, oltre che sull’economia e sulla salute umana.
Come preservare gli ecosistemi marini
Quest'anno le 196 parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (CBD), in occasione della 15^ Conferenza delle Parti che si terrà a Kunming, in Cina, si incontreranno per concordare definitivamente quanto proposto lo scorso anno: un nuovo ambizioso piano per salvaguardare la vita sulla Terra per il 2050 che prevede la protezione del 30% dei mari mondiali per il 2030.
Questo obiettivo, proposto per la prima volta nel 2016 al Congresso mondiale dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), ed auspicato da molti scienziati come elemento ineludibile per assicurare la salute a lungo termine del nostro pianeta, si basa sull’efficacia riconosciuta alle aree marine protette: se ben realizzate e gestite, non solo sono in grado di proteggere l’ambiente marino, ma anche di migliorare la pescosità dei mari e quindi di favorire una corretta gestione della pesca, permettendo così una concreta conservazione della biodiversità.
Di Leonardo Tunesi
Bibliografia:
* The European environment - State and outlook 2020; Chapter 6; 23 Jan 2021.