MILANO – Il detto prevenire è meglio che curare non è un mito ma una certezza da inseguire con sempre più convinzione. E l’ultima conferma di ciò avviene da uno studio condotto dall’Asian Development Bank, che ha misurato quanto politiche attive locali per la riduzione delle emissioni e politiche globali di mitigazione dei cambiamenti climatici per contenere l’innalzamento della temperatura media globale entro i 2°C offra benefici maggiori dei costi richiesti.
Sostenibilità ambientale, la ricerca
Nella lotta ai cambiamenti climatici, ogni 5 dollari investiti potrebbero tornarne indietro 11 già a partire dal 2040. Tali conclusioni sono contenute nel rapporto “SouthEast Asia and the economics of global climate stabilization”, realizzato dall’Asian development bank e cofinanziato dai governi di Gran Bretagna e Giappone. La rilevazione è stata condotta con la collaborazione scientifica del Cmcc (Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici) dopo aver valutato costi e benefici di strategie di riduzione di emissioni di gas a effetto serra su una regione che comprende cinque Paesi (Indonesia, Malesia, Filippine, Tailandia e Vietnam) che insieme rappresentano il 90% delle emissioni dell’intero sud-est asiatico.
Sostenibilità ambientale e vantaggi rilevati
La ricerca ha verificato che i costi relativi a politiche di mitigazione sono stimati tra il 2,5% e il 3,5% del Pil complessivo della regione nel periodo 2010-2050, e salgono se l’azione relativa alla mitigazione viene rimandata. Un ritardo di dieci anni nell’implementazione di politiche e strategie coerenti con lo scenario compatibile con i 2°C, ad esempio, potrebbe far crescere del 60% il conto che si presenterebbe nel 2050. Nel lungo periodo, invece, l’abbattimento dei costi trarrebbe beneficio dall’introduzione di tecnologie nel settore energetico che mirino ad aumentare l’efficienza dei consumi, e a sostituire carburanti derivanti da fonti fossili con alternative più pulite e rinnovabili: per rimanere entro i +2 °C servono investimenti pari a oltre 2 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020. Nel 2010 i governi dei Paesi presi in considerazione dal rapporto, hanno speso più del 3% del Pil per sussidi a fonti fossili, una cifra assai superiore rispetto ai costi stimati per la riduzione delle emissioni. Ridurre questi sussidi in modo graduale e mirato, come ha iniziato a fare l’Indonesia nel 2015 – si legge nel rapporto – può liberare le risorse necessarie a finanziare una transizione a un sistema energetico a basso contenuto di carbonio.
di Salvatore Galeone
9 agosto 2016