MILANO – “L’Expo affronti i temi dell’uso del suolo e dell’acqua, perché nel mondo un miliardo e 600 milioni di persone vive senza e in Italia le perdite della rete idrica sono del 35% all’anno per un costo di 200 milioni.” E’ l’auspicio che Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, si augura possa essere accolto dagli organizzatori e più in generale da tutti i Paesi che saranno presentati all’Esposizione Universale di Milano.
Accesso all’acqua, un problema mondiale
Graziano afferma che “sulla Terra un miliardo e 600 milioni di persone non ha accesso all’acqua potabile e, senza politiche adeguate, si rischia di arrivare entro pochi anni a tre miliardi di persone. Una considerazione alla quale vanno aggiunti gli sprechi e l’uso di materiale inquinante che hanno prodotto un inaccettabile degrado della risorsa acqua”.
Il caso italiano
“Le perdite della rete idrica sono in media superiori al 35% - ha continuato Graziano - la rete fognaria ancora non serve il 15% degli italiani”. Un italiano su tre, è la denuncia, ha problemi con i depuratori, l’acqua esce a singhiozzo dai rubinetti, soprattutto al Sud. “Un costo industriale - prosegue Graziano - stimato in più di 200 milioni di euro all’anno ed un mancato ricavo per il sistema Italia di oltre 3 miliardi di euro all’anno. L’inquinamento del 40% di fiumi e laghi continua a produrre gravi emergenze ambientali e forti sanzioni economiche dall’Ue che Stato e Regioni si trovano a pagare”.
L’impegno degli Stati
“Chi ha a cuore il pianeta e il futuro dell’umanità - ha concluso Graziano - non può che lavorare perché l’acqua sia un bene a disposizione di tutti, la cui integrità deve essere protetta dalle leggi e dalla ferma e caparbia volontà e determinazione di chi governa. Sappiamo bene che alla gestione ed alla regolamentazione dell’acqua è stata persino attribuita la funzione di ‘arma indiretta’ in alcuni conflitti in corso. Se vogliamo che tutti i popoli del Nord o del Sud del mondo abbiano accesso all’acqua potabile senza alcun condizionamento, gli Stati devono stabilire protocolli a difesa della libertà all’accesso”.