Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, scienza e arte per educare al rispetto della Terra

Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, scienza e arte per educare al rispetto della Terra

Intervista alla coppia di artisti che hanno deciso di fondere le rispettive competenze e metterle al servizio della comunità per riflettere sulle problematiche ambientali

MILANO – Ingegnere robotico e designer lui, esperta di comunicazione e cyber-ecologista lei. Salvatore Iaconesi e Oriana Persico sono una coppia nella vita e nel lavoro, dando vita così a un duo artistico capace di mettere insieme due mondi apparentemente lontani come scienza e arte. Il loro obiettivo è quello di fondere le rispettive competenze per sensibilizzare le persone attraverso i loro lavori su temi come il rispetto della natura e la biodiversità. Abbiamo intervistato entrambi per conoscere meglio la loro particolare attività e scoprire quali sono i progetti che stanno portando avanti.

Siete la dimostrazione che arte e scienza possono convivere. In che modo?

Intorno al 2013 da artisti abbiamo fondato “HER She Loves Data”, un centro di ricerca che si occupa delle implicazioni psicologiche e sociali dei dati e della computazione, e usa l'arte e il design per portare i dati e la ricerca scientifica nel bel mezzo della società. Per questo, ogni progetto del centro di ricerca include la creazione di un'opera d'arte, che diventa il luogo principale della strategia. L’arte non deve “decorare” processi e tecnologie pensati nel chiuso di un laboratorio. Con-vivere significa fare le cose insieme. È per questo che siamo diventati noi stessi un'organizzazione, per poter sviluppare rapporti paritari e partnership: con le città, gli altri centri di ricerca, le istituzioni. In un mondo in cui dati e computazione sono ovunque e pervadono i nostri corpi, la collaborazione fra l’arte e la scienza non è più un make-up interessante da raccontare ai convegni. È una necessità.

Perché è importante oggi tutelare la biodiversità e gli ecosistemi naturali?

La diversità (nella natura e nella cultura) ci rende resilienti a sfide, cambiamenti e catastrofi: gli ecosistemi con poca diversità sono più fragili, perché statisticamente hanno meno possibilità di sopravvivere. Non dobbiamo confondere tutto questo con retoriche buoniste: è il calcolo delle probabilità. Ma tutelare e conservare non basta, quello che serve è sviluppare nuove sensibilità, etiche ed estetiche che, come esseri umani, ci consentano di riposizionarci nel nostro ambiente. Dalla prospettiva rinascimentale ereditiamo una visione in cui l'uomo è al centro e la misura di tutte le cose, e non possiamo più permettercelo. Da individui, dobbiamo iniziare a immaginarci come nodi di una complessa rete di relazioni e di interazioni, in costante co-evoluzione con le nostre specie compagne, umane e non-umane. I linguaggi artistici e scientifici ci danno ottimi strumenti descrittivi, per questo le convergenze in questi campi sono così vivaci e vive. Ci serve un cambio di prospettiva, un salto di immaginazione sociale.

In che modo con pandemia e cambiamenti climatici tali temi sono diventati ancor più di forte interesse?

Il cambiamento climatico esiste da decenni, ma la pandemia è entrata nelle case di tutti e ha cambiato da un momento all'altro le abitudini quotidiane. La sua forza più grande è stata questa. Se ci pensiamo, è peculiare: abbiamo accettato il lockdown, le restrizioni sulla socialità di base, ma nessuno ha mai pensato di imporre o modificare altrettanto radicalmente consumi e stili di vita per lo scioglimento dei ghiacciai. Ci dovremmo interrogare profondamente su queste contraddizioni. L'altra novità che il covid19 si è portato con sé e che su tutto il pianeta abbiamo scoperto i dati e la computazione come questioni politiche ed esistenziali e non tecniche, da cui dipendono i nostri diritti di base: andare a scuola, uscire, frequentare persone sono attività appese al filo sottile della computazione. Era vero anche prima, solo che adesso lo sanno tutti o quasi.

In che modo si concretizza questo vostro impegno?

Il nostro impegno riguarda la sensibilità e la lotta ai modelli estrattivi: come possiamo diventare sensibili ai fenomeni complessi del nostro mondo globalizzato e fare dei dati uno spazio per l’espressione? Estetica in greco significa sentire, percepire. Al momento non abbiamo "sensi" per percepire il cambiamento climatico, le migrazioni, il mercato finanziario, il procedere di una pandemia. E senza percepire – con la carne e i sensi – le nostre possibilità di avere a che fare con l'ambiente diminuiscono drammaticamente.

Con il centro ci occupiamo di come i dati possano portare alla nostra percezione la sensibilità di qualcosa che prima non c'era. Nel 2019 abbiamo chiamato questo fenomeno "Datapoiesi" e abbiamo iniziato a lavorare sul concetto di rituali che consentissero alle persone di riunirsi e creare nuove socialità intorno ai dati. Abbiamo creato una pianta, Antitesi, che, alleata ad un'intelligenza artificiale, scende in campo insieme a noi per combattere il cambiamento climatico investendo in borsa. A Palermo, con il progetto Udatinos, 16 Custodi dell'Acqua stanno raccogliendo dati sulle sponde dell'Oreto per dare voce al fiume. Obiettivo è una scultura luminosa, acquisita dalla Collezione Farnesina, che non si spegnerà mai fin quando la povertà estrema nel mondo non scenderà sotto la soglia di 500mila persone. La luce e l'intensità varia in base al numero di persone che entrano ed escono da questo stato: i dati sono aggiornati in tempo reale da fonti internazionali.

Sono solo alcuni esempi di opere che allo stesso tempo sono solidi progetti di ricerca, “totem” intorno ai quali riunirsi e discutere, processi sociali che coinvolgono le persone in azioni sul territorio. In tutti i casi, i dati diventano lo spazio per l'espressione, la sensibilità e l'attivazione in cui alleanze inaspettate e necessarie possono materializzarsi: fra vegetali, cittadini, ricercatori o un fiume.

Di Salvatore Galeone

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