MILANO – Raccogliere dati sul ghiaccio, sul manto nevoso, sull’acqua di fusione glacionivale e sul permafrost. È questo lo scopo del progetto “Levissima Spedizione Ghiacciai”, realizzato da Levissima in partnership con l’Università degli Studi di Milano. A raccontarlo all’interno del Bilancio di Sostenibilità 2021 del Gruppo Sanpellegrino è Guglielmina Diolaiuti, Professore Associato presso il dipartimento di scienze ambientali Università degli Studi di Milano.
L’attenzione verso il territorio
L’acqua minerale naturale Levissima nasce dai bacini idrici dei ghiacciai del gruppo alpino Dosdè-Piazzi e dal Ghiacciaio dei Forni, nel Parco dello Stelvio, luoghi che il Gruppo Sanpellegrino si impegna a preservare e valorizzare proprio grazie alla collaborazione con l’Università di Milano. Gugliemina Diolaiuti inizia il suo intervento parlando di come la Cima Piazzi, in alta Valtellina, fosse già nel suo destino ancor prima che partisse, nel 2007, la collaborazione con il gruppo di lavoro del Prof. Smiraglia. La Cima Piazzi, infatti, è stata oggetto di studio per la sua tesi di laurea.
Il progetto proposto da Levissima in questa suggestiva area glacializzata delle Alpi si poneva il fine di misurare l’efficacia della copertura geotessile sui ghiacciai naturali, un approccio mai esplorato prima di allora. “Protagonista il Dosdè Orientale, sempre del Gruppo Piazzi, e luogo prossimo alle sorgenti dell’acqua Levissima. Già allora l’attenzione per il territorio era prioritaria per l’azienda che voleva meglio comprendere come salvaguardare la salute di quello che possiamo, anche noi amanti dell’acqua minerale naturale, chiamare cultivar.”
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L’impatto del cambiamento climatico
Da allora, Diolaiuti spiega come la collaborazione si sia intensificata di anno in anno per indagare sempre di più e meglio l’impatto del cambiamento climatico sulla criosfera. “I mutamenti nel permafrost sul lato sud della Piazzi, per valutare il degrado della roccia gelata, collante della montagna; l’ormai storico ‘catasto dei ghiacciai’ del 2015 che dopo oltre 50 anni aggiornava la mappa degli oltre 900 corpi glaciali delle nostre montagne e che ha dato l’abbrivio alla comunità scientifica italiana per studi ulteriori su scala regionale. Per poi arrivare, in tempi più recenti, a studiare il cosiddetto darkening (annerimento) dei ghiacciai, causato essenzialmente dal particolato generato dai motori diesel senza FAP e dagli incendi boschivi.”
Lo stato dei ghiacciai
Diolaiuti racconta come il Parco dello Stelvio sia stato sempre al centro delle loro ricerche, un vero laboratorio a cielo aperto dove si sono scoperti dei batteri virtuosi che demoliscono gli inquinanti presenti nella neve e trovato le famigerate micro-plastiche che esistono sì, ma sono causate soprattutto da fibre tessili low cost. Diolaiuti nel suo intervento racconta inoltre le scoperte fatte presso i “laboratori galleggianti” sui Forni, che da 16 anni monitorano in tempo reale – gli unici in Italia per il World Meteorological Organization – il clima in condizioni estreme. “Grazie a queste mini stazioni climatiche – che hanno anche la funzione di controllare la bontà dei sistemi predittivi – sappiamo che, ad esempio, in estate non si scende sotto la temperatura di 0 °C neppure di notte (e quindi per oltre 60 giorni all’anno il ghiaccio fonde 24h su 24!!) e che di giorno la temperatura media arriva a +12, 14 °C gradi.”
Il percorso continua
Nonostante lo stato dei ghiacciai sia messo alla prova dai cambiamenti climatici in atto, i ricercatori non demordono. “Andiamo avanti a studiare ed indagare. Giorno per giorno – afferma Diolaiuti - Il percorso non si è ancora concluso. Ma questo viaggio e questi progetti così rilevanti non si sarebbero svolti senza Levissima. E soprattutto non ci sarebbero stati compagni di avventura – ricercatori e tecnici - così vogliosi di imparare e di collaborare, grazie alle borse di studio messe a disposizione.”
Di Prisca Peroni