MILANO - Il capitale naturale, insieme a quello sociale ed economico, può essere assicurato alle future generazioni solo se istituzioni, aziende e cittadini si impegnano per tutelarlo, dando vita ad una triade che generi circuiti virtuosi. È questa la strada giusta per tutelare la biodiversità e garantire la presenza futura dei capitali naturali secondo il professor Marco Frey, docente dell’Università S.Anna di Pisa e Presidente di Global Compact Italia. Lo abbiamo intervistato per parlare di biodiversità e analizzare come i nuovi stili di vita possono aver modificato l’utilizzo delle risorse ambientali.
Biodiversità: quanto è importante una gestione virtuosa dei capitali naturali?
Moltissimo. Rispetto al passato, oggi stiamo progressivamente scoprendo quanto i servizi ecosistemici siano rilevanti. Essi sono alla base di una molteplicità di attività economiche, legate soprattutto all’industria alimentare. Occorre tutelare lo stock di capitale naturale disponibile, soprattutto quando esso non è sostituibile con ad esempio allevamenti. L’acqua, ad esempio, sta raggiungendo una scarsità crescente anche in Paesi che non avevano assolutamente di questi problemi. Ultimamente si è scoperto un altro importate ruolo dei capitali naturali: quello di fornire servizi di regolamentazione, indispensabili per garantire l’equilibrio sul Pianeta e le condizioni necessarie per la vita umana. Il capitale naturale si è eroso in maniera significativa nell’ultimo secolo, in concomitanza con lo sviluppo economico e industriale. La recente pandemia, così come le conseguenze legate ai cambiamenti climatici, sono solo alcuni degli indicatori della perdita di questo equilibrio.
Alla luce dell’attuale situazione, che ruolo hanno istituzioni pubbliche, aziende private e cittadini per la tutela di biodiversità e capitali naturali?
La situazione attuale implica un bisogno di cambiamento del modello di sviluppo, in cui il capitale naturale, insieme a quello sociale ed economico, possano essere mantenuti per le future generazioni. Oggi questi 3 capitali sono messi in discussione. Intervenire è cruciale e richiede l’impegno di tutti i tre attori sopracitati. Le istituzioni devono avere maggiore consapevolezza e spingere verso un modello di sviluppo sostenibile adottando strategie di lungo periodo. Ciò è avvenuto: pensiamo all’Agenda 2030 e al Green Deal, documenti internazionali nei quali sono sempre citati i concetti di biodiversità e capitali naturali.
Anche le imprese sono protagoniste importantissime in questo percorso di cambiamento. Negli ultimi 10 anni a livello internazionale ci si è resi conto che il contributo privato rappresenta parte della soluzione e non più parte del problema, come è avvenuto durante il periodo di industrializzazione. Oggi si assiste ad una crescita del commitment e di una visione di futuro condiviso. Iniziative come “La fonte della biodiversità di Acqua Panna”, realizzata da Acqua Panna di concerto con il Gruppo Sanpellegrino e Federparchi, rappresentano l’esempio virtuoso di un’azienda che applica una strategia di tutela e valorizzazione del capitale naturale in una logica strettamente integrata alla propria attività. La tenuta di Villa Panna da un lato garantisce un servizio ecosistemico, in particolare tutela un’acqua di qualità eccelsa, e al tempo stesso preserva uno spazio ancora molto importante ricco di biodiversità che può trovare una sua valorizzazione anche all’interno delle strategie legate alla decarbonizzazione. Il tutto in sinergia coerentemente con gli obiettivi internazionali che tendono ad una neutralità climatica anche grazie al contributo delle imprese.
Anche i cittadini rivestono un ruolo importante in questo percorso: se da un lato la collettività è protagonista dell’impegno che può esprimere in coerenza con ciò che viene deciso dalle istituzioni, a volte anche orientandole, dall’altro riveste anche il ruolo di consumatore. I cittadini esprimono con le loro scelte degli orientamenti che possono condizionare le imprese. In quest’ottica, sia a livello civico sia come consumatori, essi sono protagonisti di questa triade che dovrebbe innestare dei circuiti virtuosi.
Il corretto utilizzo delle risorse riguarda anche i cambiamenti delle abitudini di vita legate alla situazione odierna. Qual è l’attuale impatto ambientale dell’attività umana?
Attraverso lo studio di Global Compact “Smart working nell’era della digitalizzazione post- Covid: da soluzione d’emergenza a strategia per la sostenibilità”, abbiamo cercato di capire come lo smart working sia stato gestito e quali ricadute abbia avuto sulle imprese medio-grandi. Dall’indagine è emerso che il lavoro da casa, quando organizzato e progettato opportunamente, è stato molto efficace dal punto di vista economico ed è stato gestito piuttosto bene dal punto di vista sociale. In questo studio abbiamo indagato anche la condizione ambientale, un parametro di solito poco misurato dalle imprese. Nell’analisi è emerso che c’è stato un miglioramento ambientale, legato a determinati impatti. Il più evidente riguarda la diminuzione dell’inquinamento, correlato al minor numero di viaggi e spostamenti negli ultimi mesi.
Il lavoro agile in media ha evitato una percorrenza di 33 chilometri al giorno per dipendente. Di conseguenza i 253mila lavoratori coinvolti nell’indagine hanno risparmiato a sé stessi e all’ambiente 275 milioni di chilometri. Il che si traduce in un risparmio sulla benzina pari a 30milioni di euro e sulla Co2 pari a 44.835 tonnellate. Non solo Co2: le riduzioni hanno riguardato anche la generazione dei rifiuti, il minor consumo di energia e di acqua. La scelta dello smart working anche post pandemia sembrerebbe la strategia su cui punteranno diverse imprese nel futuro. Ciò dimostra che, cambiando il modello di sviluppo, la natura è in grado di tornare protagonista della nostra vita di tutti i giorni.
Di Salvatore Galeone